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mercoledì 13 aprile 2011

INTERNAMENTO MILITARE ITALIANO IN GERMANIA 1943-1945


Le vicende che diedero origine all’Internametno della Seconda Guerra mondiale sono note: Vittorio Emanuele III, dopo aver colto l'occasione del voto contrario a Mussolini del Gran Consiglio del Fascismo, di esonerare dalle responsbailità di governo Mussolini, affidò al Meresciallo badoglio l'incarico di formare un governo che trovasse una soluzione accettabile per uscire dalla guerra dichiarata il 10 giugno 1940 alla Francia ed all'Inghilterra e dalla stragrande maggioranza degli italiani, nell'estate del 1943, considerata ormai perduta.
Il Maresciallo Badoglio, dopo tentativi più o meno infruttuosi, risce a prendere contatti con gli Alleati e a gingere alla firma di un Armnistizio tra l'Italia e le potenze anglosassoni. Questo Armistizio viene siglato il 3 settembre 1943 in un uliveto nella piana di Cassibile.
La notizia di tale firma viene data dagli Alleati, all'insaputa di badoglio la sera dell'8 settembre, con lo scopo primario di agevolare lo sbarco nel golfo di Salerno previsto nella notte tra l'8 settembre ed il 9.  Il governo badoglio non riesce a padroneggiare la situazione e praticamente lascia  le Forze Armate in balia di se stesse. La pronta reazione tedesca, agevolata dal fatto che Berlino, dalla caduta di Mussolini, aveva sempre piuù diffidato dell'atteggiamento italiano, nel breve volgere di qualche giorno disarma ed annienta tutte le forze armate italiane sia in Italia che all'estero, determinando l'inizio della tragica  odissea degli  Internati Militari Italiani in Germania


La Consistenza delgi Internati Militari Italiani

Secondo studi recenti[1] l'Italia schierava, alla data dell'armistizio oltre  1 milione e mezzo di uomini; complessivamente ne sono stati disarmati 1006730, mentre i rimanenti 493.000 sono riuscite a sfuggire alla cattura tedesca, o a raggiungere la montagna, o le proprie case oppure, se all'estero, i movimenti di resistenza  già attivi contro la coalizione antihitleriana.

Secondo le stesse fonti i 10076780 militari italiani catturati dai tedesci, sono stati presi dai seguenti reparti germanici: Comando gruppo Armate B, Rommel, in Italia, 415.682, Comando 19° Armata, in  Francia, 58722, Comando Sud Italia, Kesserling, 102.342, Comdando gruppo Armate Est, Grecia ed Egeo, 265.000 e Comando  2a Armata Corazzata, Balcani, 164.986.

La stessa fonte offre il seguente quadro generale di situazione sui militari italiaani internati in  Geermania:
-         militari italiani alle armi, oltre 1.500.000
-         militari italiani sfuggiti alla cattura, 493.000
-         militari italiani catturati, 1006.780
-         militari italia sfuggiti ai tedeschi dopo la cattura, 190.000
-         militari italiani internati, 725.000
-         militari italiani che hanno aderito alla RSI dopo l'ingresso nei lager, 114.500
-         militari italianiconsiderati prigionieri ed inviatial fronte dell'est come ausiliari, 12000
-         militari italiani internati nei lagr del III Reich e territori occupato, 598.000

Da questo riepilogo emerge che il 19% ( 190.000) del totale di 1.006730 militari disarmati sono sfuggiti ai tedeschi o col loro consenso o per abilità personale, mentre circa il 20% hanno collaborato con i tedeschi sia la momento del disarmo (90.000) sia con le successive adesioni dall'ottobre 1943 al gennaio 1944 (114.500), cifra che rappresenta il 16% degli italiani internati nei campi di concentramento (725.000).

I dati che sono stati riuportati presentano discrepanze dell'ordine dell1% e quindi dovrebbero corrispondere o essere quanto meno piuttosto vicine alla relatà storica.

L’attività del Governo per l’assistenza agli Internati

Sin dai primi mesi del 1944, il Governo del Sud, in relazione al problema dei profughi civili, e poi dei prigionieri di guerra, aveva istituito:
L’Alto Commissariato per i prigionieri di Guerra, con decreto-legge 6 aprile 1944, che doveva sovrintendere allo stato, trattamento impiego ed assistenza dei prigionieri di guerra “sino all’atto del loro loro rimpatrio”
L’Alto Commissariato per l’Assistenza dei Profughi di Guerra, con decreto-legge  29 maggio 1944, che era destinato a trattate le materie “nei confronti dei civli profughi di guerra internati e deportati in conseguenza di eventi bellici.
L’Alto Commissariato per i reduci, con decreto-legge 1 marzo 1945 n. 110, per occuparsi dei reduci al momento del loro collocamento in congedo
Per nessuno dei tre Enti era previsto il compito di predisporre l’organizzazione del rimpatrio dei prigionieri, ne essi avrebbero avuto, del resto, l’attrezzatura necessaria.

Nell’ottobre 1944, allorché l’andamento della guerra stava autorizzando a pensare che si poteva profilare un inizio di rietnro dei militari reduci dalla Prigionia e dall’Internamento, si affrontò il tema di come mettere sul campo le attrezzature necessarie e chi vi dovesse provvedere.
La Presidenza del Consiglio, preso atto che gli Alleatiintendevano che l’Esercito si dovesse disinteressare a questo problema, in quanto gli Alleati non intendevano distrarre dalla loro organizzazione logistica e in parte operativa, alcun elemento italiano, decise didare mandato al Sottosegretario alla Guerra di predisporre un piano per l’ccoglimento dei reduci, in accorto con i due Alti Commissariati esistenti.

Da tale piano emerse e fu costituito l’Ufficio Autonomo Reduci da prigionia di Guerra e Rimpatriati ( Decreto Ministeriale del 9 novembre 1944 n. 4300) in cui si specificavano chiaramente le sue attribuzioni, che erano

a)     Questioni di carattere generale attinenti all’organizzazione dell’accoglimento in Patria dei reduci da prigionia e rimpatriati; rapporti con l’Autorità Alleate e con gli Alti Commissariati prigionieri e profughi di guerra nonché con le autorità italianecentrali e perifericheeventualmente interessate
b)    Comunicazioni di volta in volta agli enti interessati dell’arrivo di scaglioni di reduci e rimpatriati
c)     Organizzazione delle operazioni di ricevimento nei porti di sbarco e nelle zone di confine dei reduci e dei rimpatriati e loro smistamento nelle formazioni sanitarie e logisticheall’uopo predispote ( campi di sosta e contumaciali (denominati Centri Alloggio) ospedali, convalescenziari, commissioni interrogatori.
d)    Avviamento dei reducie rimpatriaiti (previa licenza) alle formazioni militari (per gli aventi obbligo) e contatto con le organizzazioni civili (per i congedati) tramite l’Alto Commissario profughi e ministeri eventualmente interessati
e)     Trattazione per quanto di competenza del Ministero della Guerra, delle questioni relative allo stato giuridico (collaboratori, ex collaboratori, prigionieri e liberati sulla parola, militari italiani repubblicani fatti prigionieri dagli alleati, matrimoni di prigionieri di guerra con donne straniere ecc.
f)      Pratiche amministrative relative ai reduci e rimpatriati in accordo con gli organi amministrativi competenti (centrali e periferici)
Le questioni amministrative di carattere generale e normativo e che comunque implicano impegni di spesa sul bilancio saranno trattae tramite il Gabinetto.

Trattandosi di militari era logico che tale attività fosse affidata all’Autorità militare, unica che poteva disporre, con minore dispendio, dell’attrezzatura necessaria, che aveva diramazione organica in tutto il territorio liberato e di competenza specifica per i trattamento matricolare, amministrativo e disciplinare del reduce.

I reduci, a mano a mano che venivano restituiti alla vita civile entravano nella sfera di competenza del Ministero dell’Assistenza post-bellica, istituto con Decreto Legge  del 21 giugno 1945 n. 380 e del 31 luglio 1945 n. 425. Questo Ministero sostituì ed assunse le attribuzioni dei tre Alti Commissariati istituti nel 1944.

Ufficio Autonomo Reduci da prigionia di Guerra e Rimpatriati nella sua fase inziale dovette superare notevoli difficoltà, soprattutto in relazione alla grossa confusione esistente in tema di rimpatri.

Le autorità Alleate, che di fatto comandavno in Italia, appellandosi alle Istruzioni Amministrative della M.M.I.A., i quali testualemte recitavano:
“ Gli individui che sono stati mebri del passato esercito italiano sono considerati sivili fino a che essi non siano stati arruolati o richiamati secondo la procedura militare italiana attuale”.
Queste attestazioni applicative  quindi non riconoscevano la qualità di “militari” ai rimpatriandi, cosa in palese contrasto con la realtà. Di conseguenza essendo i ripatriandi “civili”, le organizzazioni che li dovevano accogliere non dovevano essere militari e ma organizzazioni con personale civile.
Nella primavera del 1945 il compito principale dellìUfficio Autonomo fu quello di sottrarsi da ogni influenza  o competenza di enti non Militari e trattare direttamente con la Commissione Alleata, la War Materials Disposal and Italian P.W. Sub Commission, accentrado al Ministero della Guerra il delicato problema dei reduci. Investire di responsabilità alcuni organi del Ministero della Guerra la trattazione di materie di loro competenza in relazione ai reduci. Fare accettare alle autorità Alleate il principio morale e giuridico che dovesse essere l’’autorità militare a ricevre i reduci. Con la fine della guerra l’Uffcio Autonomo riuscì a rendere indipendente la sua organizzazione.
Nelle stesso tempo l’Ufficio Autonomo ha chiesto aiuto ed assistenza ad altri Enti, quali la Croce Rossa Italiana, La Pontificia Commissione Assistenza, UNRRA, ed il Vaticano.

L’azione dell’Ufficio Autonomo sul campo si è materializzata con la creazione di Centri Alloggio, che non erano altro che i vecchi campi contumaciali, ma che per ragioni di opportunità e psicologiche cambiarono nome,  in corrispondenza dei principali porti e passi di frontiera. L’Organizzazione dei Centri Alloggi provvedeva a ricevere, assistere, vettovagliare, amministrare, immatricolare, smistare i reduci. In particolare queste operazioni erano fatte tenendo in evidenza la provenienza dei reduci, ovvero da campi di concentramenti; vi si tentava di dare una calda accoglienza a chi aveva tanto sofferto, cercando di smussare o eliminare quegli aspetti burocratici che spesso sono più deleteri di ogni altra cosa.
Per lo smistamento si creavano ogni categoria (civili, militari dell’esercito, marina, aeronautica, guardia di finanza, carabinieri, ecc,) destinazioni “ad hoc, presso le organizzazioni di competenza.
L’Ufficio Autonomo, nell’aprile 1945, creò a Milano un suo Distaccamento chiamato Delegazione di Milano, che nel suo massimo sviluppo impiegò 2100 Militari e 1070 impiegati civili

I criteri che sotenne l’opera dell’Ufficio Autonomo sono stati:
-         nessun ostacolo o remora al rimpatrio dei reduci
-         massima accelerazione ad ogni pratica per il rimpatrio
-         massima assistenza possibile in termini materiali
Questi criteri sono stati contrastati da oggettive difficoltà, quali da esempio la carenza di mezzi di trasporto, la cui priorità era assegnata ai rifornimenti ed ai avvicendamenti dei reparti e da fattori contingenti, quale ad esempio la necessità, per l’Inghilterra. Di utilizzare nei lavori di campagna nel regno Unito, la mano dìopera dei prigionieri italiani, considerata pregiata, sino a che non è stato possibile sostituirla con aliquote di prgionieri tedeschi.

Ai primi di aprile, in previsione della disfatta tedesca, nell’Italia del Nord, in previsione del rientro in Italia degli Internati in Germania, Olanda, Belgio, Francia, Polonia, furono approntati studi che prevedevano una organizzazione così articolata:
-         centri avanzati a contatto con la frontiera
-         centri mediani sulla linea Torino Milano Verona Treviso
-         centri arretrati sulla linea Piacenza- Forlì per lo smistamento degli internati diretti nell’Italia centrale e Meridionale.
Nei centri mediani ed arretrati si inserì anche l’organizzazione militare incaricata del trattamento amministrativo e matricolare dei reduci militari ed in Milano venne costituito un Centro Alloggio totalmente militare.
A rinforzo di questo, l’Ufficio Autonomo attivò centri alloggio a Firenze, Arezzo, Roma, e posti di transito e sosta a Civitavecchia, Messina, cagliari, e Trapani.

Nel periodo Maggio-settembre 1945, transitarono ne centri alloggi dell’Italia settentrionale e centrale:
reduci dalla Germania e dalla Svizzera………………….circa 404.500
reduci dala Francia (cooperatori)………………………..circa   13.700
reduci dalla Francia (4° armata)…………………………circa     7.100

Nel periodo Ottobre- Dicembre 1945
reduci dalla Germania e dalla Svizzera………………….circa 204.600
reduci dala Francia (cooperatori)………………………..circa   21.200
reduci dalla Russia………………………………………circa     9.500

Nel periodo Gennaio- Marzo 1946
reduci dalla Germania ……………….………………….circa  18.300

Nel periodo Aprile- Luglio 1946
reduci dalla Germania ………………….……………….circa   6.000

Il problema politico del Rimpatrio.
La situazione economica dell’Italia al momento dell’accogliemento dei reduci e tragica:
Fatti uguali a 100 i valori del 1939, nel 1945:
-         il reddito nazionale è sceso del 51,9%
-         la prodizione agricola è scesa del 63,3%
-         la produzione industriale e scesa del 29%
-         i consumi sono scesi el 38%
Inoltre l’inflazione sale verticalemtne mentre il potere di acquisto delle retribuzioni scende del 22%
La disoccupazione è elevata: nel 1945 vi sono oltre un milione di disoccupati, cifra destinata a salire negli anni successivi.
Non vi erano condizioni economiche per accoglierli come si dovrevve.
Per gli Internati l’accoglienza, si può sintetizzare in poche frasi.
Liquidate le loro competenze essi vennero posti in congedo. Solo quelli bisognosi di cure vennero ospitati negli ospedali militati per un periodo di 2-3 settimane e successivamente ebbero qualche sussidio dal Ministero della Assistenza post belica. Nel 1945, all’indomani della fine della guerra, rientrò la gran massa degli Internati, tornò alle loro case e alimentò il numero dei disoccupati, senza alcuna assistenza particolare. Gli agricoltori tornarono subito al lavoro, ma esso era redditizio solo per chi lavorava la propria terra, in quanto poteva vendere i propri prodotti al mercato nero; i braccianti avevano paghe miserrime, specienel Sud, ed alimentarono episodi di lotta contadina e successivamente una vivace immigrazione verso l’America Latina e successivamente verso il settentrione della Francia
Le sorti di coloro che erano operai furono difficili.I lavori della ricostruzione edilizia, delle vie stradali e ferroviarie sarebbero stati a portata di mano, ma ogni ripresa produttiva era resa impossibile dalla crisi finanziaria e dalla deficienze delle materie prime. Sarà solo con l’avvio del programma UNNRA, ma circa due anni dopo che questa ripresa si avviasse.
L’atteggiamento delle autorità verso l’Internato fu di diffidenza e di disinteresse.
Le autorità Militari, per definizione, sono sospettose verso il militare che cade prigioniero o internato; si interessano a lui solo per conoscere il modo con cui è stato fatto prigioniero, poi si disinteressano. E così fu fatto
Le Autorità Politiche non amano pensare agli Internati in quanto constatano che tutti gli Internati sono stati partecipi  della guerra “fascista”, quella del 1940-1943, e quindi, nonostante l’Internamento o sono “fascisti” nell’animo o sono “badogliani”, e questo è un appellativo che apre ampie riserve mentali, e le loro traversie non hanno fatto rumore e non possono essere sfruttae a fini politici, anzi temono il fenomeno del “reducismo” considerato una delle piaghe che nel primo dopoguerra portò a facilitare l’ascesa del fascismo.
Ma sugli Internati pesa l’accusa, mai lanciata, mai messa su carta, mai pronunciata, ma pensata da molti, di “badoglianesimo”, ovvero il fatto che all’indomani della proclamazione dell’armistizio, hanno ceduto le armi per vari motivi: perché erano stanchi di combattere, per non rischiare la propria vita, convinti che la guerra fosse finita e non pensarono al altro che a ritornare a casa.  In pratica, salvo le eccezioni, la gran massa degli Internati fu accusata di aver ceduto le armi ai tedeschi, venendo neno ad uno dei primi obblighi del militare. Poi, dopo riflessione su quello che è stato il loro comportamento nei giorni immediatamente successivi alla proclamazione dell’armistizio, si sono riscattati  non collaborando con il tedesco.
Ma il momento della resa non fu perdonato, nell’animo a costoro e nessuno tenne  in debita considerazione il loro comportamento dietro il filo spinato

Da questa situazione emerse un atteggiamento, una volta giunti in famiglia, di totale chiusura a parlare della loro esperienza. In confronto a coloro che avevano preso le armi, i partigiani, che erano coloro che uscivano dalla guerra come vincitori, gli Internati erano o fascisti sconfitti, o traditori senza che lo si pronunciasse, oppure dei vigliacchi venuti meno all’onore militare. Nessuno volle riconoscer ele sofferenze da loro patitte, che del resto, facevano sistema con tutte le sofferenze del popolo italiano.
Questo atteggiamento di totale chisusa in se stessi fece si che il fenomeno dell’Internamento militare sia poco conosciuto, anzi un fenomeno che fino agli anni novanta rimase ai margini della nostra coscienza civile.







[1] Schreiber G., I Militari Italiani Internati nei campi di concentramento del Terzo Reich 1943 -1945, Ministero della Difesa, Stato Maggiore dell'esercito, ufficio Storico, Roma, 1992

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