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venerdì 28 febbraio 2020

Tesi di Laurea.

Tesi sostenuta dl Dott. Sergio benedetto Sabetta al Master di 1° Livello in Storia Militare Contemporanea 1796 -1960 Università degli Studi N. Cusano Telematica Roma Anno Accademica 2018-2019. E' trattato in chiave di ricostruzione di eventi del nucleo familiare anche l?internamento in Germania considerato uno dei fronti della Guerra di Liberazione. La tesi è consultabile previa autorizzazione dell'Autore presso l'Emeroteca dell'Istituto del Nastro Azzurro, Roma, Piazza Galeno 1 (segrteriagenerale@istitutonastroazzurro.org)

venerdì 14 febbraio 2020

L'ultima vittoria della Whermacht


LA CRISI ARMISTIZIALE DEL 1943

Presso il Gruppo Armate B, ovvero nell’Italia settentrionale, caddero in mano tedesca 236 carri armati ed autoblindo, 1138 pezzi di artiglieria, 536 cannoni controcarro, 797 cannoni contraerei, 2558 mortai, 5926 mitragliatrici e 386.900 fucili. Inoltre si devono aggiungere 35 navi da guerra, oltre a navi mercantili pronte all’impiego pari a 385.600 tonnellate di stazza lorda.

Nell’Italia meridionale l’Esercito tedesco entrò in possesso di 326 carri armati, 57 autoblindo, 113 cannoni semoventi, 1562 pezzi di artiglieria, 70 cannoni controcarro, 459 cannoni contraerei, 501 mortai, 173 lanciafiamme, 16.597 mitragliatrici, di cui 10.000 nuove trovate nei depositi, e 598206 fucili mitra e pistole. Inoltre 1769 autocarri, 309 autoveicoli, 409 motocicli e 6000 quadrupedi fra cavalli e muli. Vennero anche prese 40.000 tonnellate di munizioni, 13.400 tonnellate di esplosivi, 24.500 tonnellate di materiali del genio, 50.000 tonnellate di apparati vari, 18150 metri cubi di carburante, 2500 metri cubi di lubrificanti per motori, 12119 tonnellate di prodotti chimici, 1600 tonnellate di materiale sanitario, 3500 tonnellate di vestiario, 7000 tonnellate di viveri, 1600 tonnellate di materiali non ferrosi e 200 tonnellate di pellami .
 Per avere una idea della entità del materiale entrato in possesso dei tedeschi dal sud Italia verso nord fino al 10 ottobre 1943 furono inviati 12.034 carri ferroviari con materiale militare o da utilizzare nella produzione bellica. Una cifra che qualora riferita a tutto il territorio italiano risultò essere sino al 19 novembre quasi triplicata. Keitel asserì che dall’Italia erano giunti in Germania 36110 carri ferroviari con materiale militare e beni economici.






mercoledì 5 febbraio 2020

Il Terzo Reich e la scienza


di Alessia Biasiolo 
I medici generici aderirono ampiamente al partito nazista, accanto al 60% dei biologi e all’80% dei professori di antropologia, molti dei quali erano medici. Nella Germania nazista i progressi tecnologico-scientifici furono molti, assieme al perfezionamento di molti studi e ricerche. E molti furono i tedeschi emigrati, soprattutto negli Stati Uniti nel primo dopoguerra, che chiesero di rientrare nella patria d’origine dopo l’avvento al governo di Hitler, essendo diventati scienziati e lavorando in America in campi correlati alla scienza. Durante il periodo nazista, in Germania ci fu la fissione nucleare scoperta da Otto Hahn e Lisa Meitner nel 1938; la ricerca sugli ormoni e le vitamine; un’ampia ricerca farmacologica; innovazioni per la benzina, la gomma, l’automobile, il gas nervino sarin, il tabun usato per la guerra chimica, il metadone sintetizzato nel 1941. Venne progettato il primo missile balistico intercontinentale e negli anni ’40 furono i tedeschi a progettare il primo sedile a espulsione. La prima registrazione al mondo su nastro magnetico fu di un discorso di Hitler. Accanto alla complicità dei medici nelle campagne di sterilizzazione, o di eutanasia in epoca nazista, molto si fece anche per la ricerca, soprattutto contro il cancro, uno dei principali interessi di Hitler in campo medico. La storiografia si è concentrata maggiormente sul razzismo della Germania dell’epoca, spesso omettendo i successi ottenuti con studi seri e deontologicamente irreprensibili sui coloranti alimentari, il tabacco o la polvere. Spesso l’omissione più radicale è avvenuta proprio in Germania, dove i ricercatori contemporanei non vogliono ammettere di non essere i primi nel campo della ricerca su quello che era stato chiamato il male del secolo ventesimo, a causa della naturale avversione nei confronti di tutto ciò che è accaduto in Germania tra gli anni Trenta e Quaranta di quel secolo.
Eppure, gli attivisti nazisti hanno messo a punto il programma di prevenzione più aggressivo ed efficace contro il cancro, essendo la ricerca tedesca sulla malattia la più avanzata a quel tempo. Ad esempio, gli scienziati tedeschi furono i primi a scoprire i tumori della pelle causati dai distillati di catrame minerale e dimostrarono, già nel 1870, che l’estrazione dell’uranio poteva causare i tumori al polmone, tanto che fu la Germania il primo Paese al mondo a riconoscere il tumore polmonare come malattia professionale indennizzabile per i minatori che estraevano l’uranio. Identificarono per primi i rischi di tumore alla vescica collegati al colorante all’anilina (dato che la Germania era il maggior produttore mondiale di coloranti sintetici) già nel 1895, o i rischi di tumore alla pelle collegati all’esposizione solare già nel 1894. Sempre i medici tedeschi furono i primi a diagnosticare una forma tumorale indotta dai raggi X nel 1902, mentre nel 1906 dimostrarono che i raggi X possono provocare la leucemia. Furono sempre scienziati tedeschi a utilizzare per primi coloranti istologici come agenti chemioterapici nel 1922, così come genetisti tedeschi dimostrarono che il cancro al colon può essere ereditario come carattere dominante. La Germania fu sede del primo congresso internazionale della ricerca sul cancro nel 1906, ed essendo la patria dei raggi X, del colposcopio e dell’endoscopio rettale, fu anche pioniera nella diagnosi ottica del cancro. Sempre i tedeschi furono i primi a ipotizzare, già nel 1928, che il fumo passivo di tabacco potesse causare il tumore polmonare. Con il Terzo Reich, fu ampliato il Comitato per la lotta contro il cancro, nato nel 1931; istituiti archivi per registrare l’incidenza e la mortalità causati dalla malattia; implementate le misure di prevenzione; varate leggi contro l’adulterazione alimentare e medicinale, vietato di fumare e ridotto l’uso di cosmetici cancerogeni. Il motivo di tanto interesse è dato dall’indice di mortalità causata dal cancro tra le più alte al mondo, dato l’alto grado di industrializzazione della Germania. I partiti socialisti avevano da tempo chiesto più sicurezza e salute sui luoghi di lavoro, ottenendo il sistema previdenziale più elaborato del mondo e varato già nel 1883, anche in risposta alle insistenze dei sindacati. Così, la Medicina tedesca era diventata potente e politicizzata, con forti movimenti di ritorno alla natura che cavalcavano il cancro come esempio di ciò che poteva portare il tendere solo al profitto. Inoltre, anche le assicurazioni trovavano più vantaggioso interessarsi alla prevenzione che non pagare per le terapie, così la lotta contro il cancro divenne sempre più precisa e accanita. E il nazismo non si lasciò sfuggire l’interesse politico di mantenere la stessa determinazione. Hitler stesso era vegetariano, non fumava e non beveva alcolici e non permetteva a nessuno di farlo in sua presenza, se non di tanto in tanto alle donne. La propaganda nazista insistette molto su questo punto, celebrando il salutismo del Führer contro l’accanimento di fumatori di Stalin, Roosevelt e Churchill, ad esempio; del resto anche Benito Mussolini e Francisco Franco non fumavano. Il salutismo del regime fece sì che gli Avventisti del Settimo Giorno appoggiassero il nazismo sin dal 1933, perché finalmente la nazione era affidata ad un uomo che aveva ricevuto il suo incarico direttamente dalle mani di Dio e che, appunto essendo vegetariano e senza vezzi di fumo e alcol, era senz’altro più vicino di chiunque altro alla concezione di salute degli Avventisti stessi. Gli omeopati si schierarono con il nazismo sempre per identità di vedute su alcuni elementi chimici dannosi. Ecco allora che la lotta contro il cancro doveva essere forte, determinata come tutto era tale per i nazisti del Terzo Reich. La prevenzione divenne determinante perché nell’epoca dell’obbedienza e del salutismo esasperati, arrivare dal medico con un cancro in stadio avanzato era indice di poca idoneità all’epoca in cui si viveva. Soprattutto le donne venivano guardate con disprezzo se avevano un cancro all’utero o alla mammella, proprio per la forte convinzione che la diagnosi precoce poteva curarle e salvarle. Dopo la scoperta del colposcopio, che veniva utilizzato per diagnosi al collo dell’utero e della cervice, il suo inventore Hinselmann sostenne che i medici che non lo adoperavano si rendevano responsabili della morte di 400mila donne all’anno in tutto il mondo. La campagna di prevenzione per le donne era stata organizzata capillarmente, utilizzando soprattutto giornali e radio, volantini e addirittura film. Iniziarono le lezioni di autoesame del seno (che negli Stati Uniti, ad esempio, iniziarono soltanto negli anni Sessanta) e si incentivarono visite anche semestrali per la diagnosi precoce del cancro. La campagna rallentò soltanto durante la guerra, nel 1942, ma non venne mai meno del tutto. Sembra che molti medici, però, contestassero ad esempio la validità di alcuni strumenti come il colposcopio, affermando che poteva bastare uno speculo e l’occhio del ginecologo per diagnosticare il cancro al collo dell’utero. Forse fu per rispondere alle critiche sulla sua invenzione, che Hinselmann mise a punto ad Auschwitz con Wirths, il medico comandante del campo, un progetto che veniva realizzato utilizzando il colposcopio per raccogliere campioni di tessuti cervicali dalle prigioniere del campo, per poi inviarli ad Amburgo per essere esaminati. Non è ben chiaro quali fossero i reali intenti del progetto, anche se forse dovevano appunto testimoniare sulla bontà dell’uso del colposcopio. A molte prigioniere, non essendo ben chiara ai medici la tecnica di utilizzo dello strumento, venne asportata tutta la cervice, causando emorragie e infezioni che le portavano alla morte. Alla fine della guerra, un testimone definì gli esperimenti di Hinselmann crudeli come molti altri riferiti nel campo di Auschwitz.
I provvedimenti legislativi nazisti, tuttavia, inficiarono la ricerca sul cancro, impedendo ad esempio, come a seguito della legge del 7 febbraio 1933, a molti ebrei, o comunisti, di continuare a lavorare. Al più celebre istituto di ricerca, presso l’ospedale Charité di Berlino, dodici ricercatori su tredici persero il lavoro e non poterono lavorare nemmeno per continuare ricerche così basilari per la salute pubblica. Vennero a mancare ricerche sull’immunologia o l’istologia che non sarebbero più state allo stello livello di prima delle leggi naziste, essendosi specializzati in alcuni ambiti soltanto scienziati ebrei.
I ricercatori che persero il lavoro a seguito delle leggi naziste furono circa un centinaio, ebrei secondo la definizione nazista dell’ascendenza. Rimase al suo posto, tra i pochi, Otto Warburg, biochimico e premio Nobel, che continuò a dirigere l’Istituto di fisiologia cellulare malgrado i vari tentativi di rimuoverlo, sembra perché Hitler credeva che fosse prossimo a scoprire una cura per il cancro. È vero, tuttavia, che l’Istituto contava su potenti appoggi, oltre ad essere una fondazione privata sulla quale le leggi potevano poco, oltre che godendo dei fondi della Rockefeller Foundation. In ogni caso, la ricerca sul cancro venne nazionalizzata in Germania, perché la “rivoluzione nazionalsocialista aveva creato opportunità del tutto nuove” anche in quel settore. Ciò non toglie che, anche secondo il direttore del registro dei casi di cancro di Norimberga, uno dei centri di schedatura obbligatoria dei casi della malattia istituiti, lamentasse come le leggi antisemite avessero ostacolato la raccolta dei dati relativi al cancro. I medici ebrei potevano operare soltanto su ebrei e in Germania uno su otto aveva ascendenza ebrea; pertanto aggiornare i registri dopo il 1938 sarebbe stato molto difficile, dati anche i trasferimenti di pazienti, oltre che di medici e ricercatori, in quanto appartenenti alla razza ebraica. Gli stessi registri medici, inoltre, vennero utilizzati come utile e rapido sistema per identificare la popolazione ebraica da deportare, quindi gli studi scientifici ebbero un forte rallentamento. Allo stesso tempo, le malattie classificate come ereditarie avevano portato a risultati pratici terribili. Nel 1933 venne varata, come abbiamo scritto, la legge sulla sterilizzazione in caso di molti difetti genetici e anche in caso di cancro familiare. Nel 1936 si ritenne che bambini affetti da un cancro agli occhi dovessero essere sterilizzati, tutto al fine di impedire la procreazione di razze umane cancerose. Tra gli aspetti pratici di queste teorie, vi erano le credenze che il fumo di tabacco fosse più comune nei tipi sclerotici, e naturalmente ci si riferiva anche a Winston Churchill, mentre i consumatori di tabacco da fiuto, snelli e astenici, erano tipicamente gli agricoltori bavaresi. Era diffusa la credenza che gli ebrei fossero più predisposti al cancro e non solo, che lo diffondessero in vari modi. Infatti, gli ebrei vennero accusati, nel 1941, di avere introdotto il consumo di tabacco in Germania e che dominassero i centri d’importazione di tabacco di Amsterdam, così come commerciassero con elementi pericolosi al fine di indurre malattie. Gli ebrei non solo erano immuni dal cancro, ma lavoravano per alterare i cibi tedeschi e portare malattie al “popolo eletto”.
L’alimentazione per i nazisti era fondamentale. Per avere persone sane e vigorose bisognava avere e consumare cibi sani ed energetici. I nutrizionisti tedeschi del tempo cominciarono a demonizzare la carne, i dolci e i grassi, in favore di alimenti più sani come i cereali, la frutta fresca e la verdura. Si pubblicizzava l’alimentazione sbagliata come originaria del cancro, anche alla luce dell’estrema incidenza del cancro allo stomaco degli anni Venti e Trenta non solo in Germania, ma in altre parti d’Europa e negli Stati Uniti, per motivi non ben chiari. Di certo i cibi molto salati, spesso fermentati o avariati, le frequenti contaminazioni di muffe della carne che veniva consumata, ma anche delle verdure e dei cereali dell’epoca, doveva avere contribuito alla diffusione della malattia. Tuttavia i nazisti demonizzavano alcuni alimenti anche per ragioni simboliche. Ad esempio, la panna montata veniva associata alla golosità, il pane integrale lo si associava alla cultura contadina; il colore del burro falsamente biondo veniva associato dai nazisti a chi si decolorava i capelli per assomigliare meglio al cliché di ariano di moda al tempo, e così via. Lo slogan era che l’alimentazione non fosse una faccenda privata: il corpo apparteneva allo Stato e si doveva operare per averlo al massimo grado di efficienza; quindi lo Stato si preoccupava di avere cittadini vigorosi per motivi politici, più che per il loro bene.
Chiedersi   quale fosse l’alimentazione migliore era un dovere di ogni bravo nazista, ma il dibattito sull’alimentazione naturale era acceso. Agli inizi dell’Ottocento i tedeschi consumavano 14 chili di carne e 250 chili di cerali all’anno, per passare a 56 chili di carne e 86 di cereali nel 1830. Negli anni Trenta del Novecento, il consumo tedesco di zucchero era passato da 4 a 24 chili pro capite all’anno, con aumento delle carie dentali, di malattie gastriche, nervose, digestive, cardiache e vascolari. Nel 1937, molte reclute erano state scartate per motivi odontoiatrici e questo veniva ritenuto assolutamente riprovevole. Bisognava ridurre i consumi assolutamente, non solo e forse non tanto per la salute, ma anche (e forse soprattutto) per motivi di risparmio economico. Il cancro veniva utilizzato come spauracchio per indurre ad un’alimentazione migliore, visto che non era ancora isolato il “germe” che lo causava.

Comm. Alessia Biasiolo