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mercoledì 21 ottobre 2020

Elisa Bonacini 16 ottobre 1943 a Roma

 


16 ottobre 1943: 77 anni fa il rastrellamento degli ebrei di Roma

 

 

 “Un ricordo per la pace”: “Grazie a chi, sopravvissuto, ha avuto la forza di raccontare. Ora spetta alle giovani generazioni perpetuare la memoria della Shoah”

 

 

 

 

77 anni fa il rastrellamento del Ghetto di Roma. Erano le 5 e 30 del mattino del 16 ottobre 1943 quando le truppe della Gestapo invasero le strade del quartiere ebraico catturando 1259 persone: 689 donne, 363 uomini e 207 bambini. Radunati sotto il Portico d’Ottavia vennero condotti nei pressi del Vaticano; due giorni dopo per 1023 di loro la partenza dalla stazione Tiburtina, destinazione il campo di Auschwitz, in Polonia.

Alle famiglie quella mattina venne distribuito un biglietto con le indicazioni dei tedeschi che raccomandavano entro 20 minuti di chiudere la porta di casa portando con sé viveri, documenti ed indumenti personali. Anche malati gravissimi non vennero risparmiati dalla cattura adducendo quale giustificazione ci fosse “un’ infermeria nel campo”.

Solo in 16, Settimia Spizzichino unica donna, sopravviveranno; nessun bambino farà più ritorno.

 

Nell’anniversario della “razzia” degli ebrei romani l’associazione “Un ricordo per la pace” ribadisce il progetto di “Museo per la pace” ad Aprilia, per la cui realizzazione da anni l’associazione si sta battendo. Il progetto prevede uno spazio dedicato alla Shoah e ad Anne Frank, il cui diario è icona della deportazione ebraica. Un’altra sezione, come noto, sarebbe riservata all’internamento degli IMI nei campi nazisti dopo l’8 settembre 1943, i soldati italiani che dissero No al nazismo preferendo la prigionia nei lager alla collaborazione con i tedeschi.

La presidente di “Un ricordo per la Pace” Elisa Bonacini: A ricordarci tutto il male perpetuato dai nazisti durante la seconda guerra mondiale, a monito di quanto mai più dovrebbe riproporsi è stata finora la voce dei sopravvissuti, testimoni diretti dell’Olocausto. A tutti loro, a quelli che ci hanno lasciato falcidiati dal trascorrere inesorabile del tempo, ai rarissimi ancora viventi, abbiamo il dovere di dire grazie. Grazie a tutti per aver trovato il coraggio di raccontare dopo anni di silenzio cosa è stata la Shoah, vissuta sulla propria pelle e su quella dei propri familiari. Grazie per aver trovato la forza di combattere incredulità e negazionismo, seppur struggendosi per il senso di colpa di avercela fatta. Vorrei in questa occasione rivolgere un saluto ed abbraccio virtuale alla Senatrice Liliana Segre e a Sami Modiano, entrambi deportati ad Auschwitz, cui il Comune di Aprilia, città ove ha sede la mia associazione, ha conferito la cittadinanza onoraria.

Nata a Milano nel 1930 Liliana è stata instancabile testimonial dello sterminio degli ebrei con un significativo messaggio di riconciliazione e di pace. Lo scorso 9 ottobre alla presenza delle più alte cariche dello Stato e del Governo ha deciso di rendere l’ultima testimonianza pubblica “alle scuole italiane e ai giovani del mondo” dalla “Cittadella della Pace” di Rondine (Arezzo).

A Liliana, Sami, difficile vederlo senza l’inseparabile amico Piero Terracina scomparso nel dicembre dello scorso anno, e a tutti gli altri dobbiamo dire ancora un infinito grazie. Grazie per averci insegnato che l’odio ed il male si possono vincere con la cultura della pace. Sta a noi ora, figli, nipoti di chi subì la deportazione nei lager nazisti ed alle generazioni che seguiranno mantenere la memoria di una delle pagine più buie della nostra storia, impegnandoci per contrastare ogni nuova forma di razzismo, violenza e discriminazione.

Grazie Liliana, grazie Sami! Sarebbe bellissimo avervi con noi il giorno in cui si realizzerà, se mai si realizzerà, il progetto del “Museo per la Pace” qui ad Aprilia.”

martedì 20 ottobre 2020

Sukkot 5781

 Questa sera gli ebrei si accingono a festeggiare per sette giorni Sukkot, la festa delle capanne contraddistinta da quelle dimore precarie il cui tetto è ricoperto da semplici frasche ricche di simbolismo.

Il testo del Levitico è chiaro rispetto a chi è invitato a risiedere in queste residenze così frugali, segno di sottomissione alla provvidenza: “ogni cittadino di Israele siederà nelle capanne”.

La parola ezrach, cittadino, ci dice chiaramente che alla base devono esistere principi condivisi, leggi in cui tutta la comunità si riconosce, valori intorno ai quali sviluppare la convivenza e la crescita. Chi li fa propri, ha diritto a stare sotto la sukkà, chi in modo sfacciato e insolente, senza riguardo per un sistema che offre garanzie e benefici non li accetta, non può ritenersi pronto ad entrarvi a pieno titolo.

Ma esiste un secondo aspetto di Sukkot, meno conosciuto. Quello di prendere ogni giorno della festa 4 essenze vegetali, unirle insieme, agitarle verso i punti cardinali, augurandosi un anno di benedizione, pregando perché che non si debba soffrire siccità e carestia.

Il Talmud, come di consueto, offre una chiave di lettura apparentemente elementare ma estremamente stimolante e ci invita a riflettere rispetto a questo precetto.

Il cedro, la palma, i rami di salice e di mirto che si stringono fra le mani, non rappresentano che tipi di persone.

Il cedro, bello e profumato, coloro che si attengono alla legge e fanno anche buone opere, la palma e il mirto, la prima, maestosa ma non profumata e l’altro essenzialmente semplici foglie ma dall’odore gradevole, rappresentano chi ha solo una delle due virtù. E poi ci sono rami di salice, senza odore né bellezza.

Saremmo tentati ad escludere questo ultimo tipo di umanità. Ed invece il precetto sta proprio nel unire insieme queste 4 essenze, le une non rifiutano le altre, si integrano, imparano le une dalle altre, si migliorano, si perfezionano fino a costituire quella unità che è necessaria e imprescindibile.

La terra che li ha generati è madre gelosa di ogni sua creatura.

 

Amedeo Spagnoletto, Direttore del MEIS

sabato 10 ottobre 2020

Istruzione e resistenza in epoca nazista 3

di Alessia Biasiolo                                                                                                                  La resistenza a tutto quanto stava accadendo non era semplice, dal momento che si veniva privati di ogni supporto possibile, ma sindacalisti e partiti di opposizione organizzarono azioni di volantinaggio e di protesta che vennero ben presto tacitate. Alcune organizzazioni rimasero segrete anche fino a guerra inoltrata, ma l’azione capillare di smantellamento da parte soprattutto della Gestapo non si interruppe mai, nemmeno durante le fasi catastrofiche della guerra europea.
La Chiesa cattolica ebbe sempre oppositori al nazismo, come lo stesso caso della “Rosa Bianca” testimonia, ma anche le Chiese protestanti ebbero simboli di illuminata opposizione. La linea di condotta generale, infatti, era quella di non contrapporsi alla linea di governo, qualunque esso fosse, pertanto la non ingerenza nelle questioni politiche era d’uso. Preti o pastori che vollero opporsi alle leggi razziali non riuscirono per questo a creare una vera e propria rete di aiuti, rimanendo perlopiù casi isolati e senza appoggio da parte delle proprie organizzazioni ecclesiastiche. Soprattutto l’Operazione Eutanasia fu quella più a rischio per il regime, e Hitler ne era consapevole al punto che, iniziata in sordina, si fermò all’eliminazione delle persone considerate più evidentemente compromesse, ma senza “esagerazioni” che potessero insospettire soprattutto la Chiesa cattolica. Anche la sterilizzazione forzata non era accettata dalla Chiesa, quindi il regime operava con oculatezza, perché l’opinione pubblica cattolica era importante e, soprattutto in alcune aree, molto ricca, capace di influenzare proteste che potevano rivelarsi troppo difficili da gestire anche per il regime nazista che, nel 1940, non si poteva permettere scontri aperti con coloro che, invece, dovevano fungere, almeno sulla carta, da sostenitori.
Lo stesso dicasi per altre forme di “resistenza” al nazismo in Germania, da parte di disillusi o delusi, per mancata carriera, per mancata realizzazione di parti di programma della prima ora. È stato il caso di alcuni militari, soprattutto della Wehrmacht, che già dagli anni Trenta non vedevano di buon occhio la politica espansionistica tedesca verso i Sudeti e l’Austria. Diventava nei mesi evidente che la mira espansionistica tedesca avrebbe portato la Germania di nuovo in guerra. E se molti erano contenti perché questo metteva in risalto le carriere militari appunto, ai militari più avveduti diventò da subito chiaro che quel modo di agire poteva soltanto diventare devastante sul lungo periodo. Di fronte alla Notte dei Lunghi Coltelli alcuni militari avevano mantenuto le proprie riserve, tessendo una blanda rete eterogenea che avrebbe avuto lo scopo di rovesciare il regime a modo e tempo debito. Si attendeva, ad esempio, la presa di posizione finalmente di Francia e Gran Bretagna che avrebbe dato fiato alle perplessità all’interno dello Stato Maggiore dell’Esercito, ma saranno proprio i tentennamenti dei Paesi liberi da gioghi dittatoriali a impedire un’azione decisa dall’interno.  (continua con post in data 10 novembre 2020)

martedì 6 ottobre 2020

Kippur Il Giorno dell'Espiazione

 Domenica 27 settembre (corrispondente alla data ebraica del 10 di Tishrì) inizierà Kippur - il Giorno dell’Espiazione, uno dei momenti più solenni della vita ebraica. È noto che a Kippur si osserva il digiuno senza mangiare né bere fino allo spuntare delle stelle del giorno successivo, ma c'è un'altra caratteristica che contraddistingue questo tempo dedicato all'espiazione.

Ognuna delle preghiere che riempiono la giornata contiene almeno una"confessione dei peccati"Widdui in ebraico. Si tratta di un momento intimo, in cui la lettura di una serie di trasgressioni "tipo" non è altro che lo stimolo ad aprire i propri cuori e calarsi in un'attenta analisi del proprio comportamento. Capire insomma, dove, durante l'anno che è trascorso, avremmo potuto fare meglio, dove non siamo stati all'altezza, non abbiamo fatto prevalere l'umanità, nel senso più nobile del termine, ed abbiamo lasciato che superficialità, ignavia, trascuratezza di modi, prendessero il sopravvento. Il Widdui è uno strumento indispensabile per chi pensasse che possa bastare riconoscere di aver sbagliato, rimanere sul vago, ammettere in modo generale che la manchevolezza c'è stata, ma in fondo è congenita. 
Ed invece ciò che è richiesto è lo sforzo di riportare a galla quei dati che avevamo preferito archiviare nelle celle più nascoste della memoria: dove abbiamo sbagliato e perché. È solo in quel frangente che nasce la forza di affacciarsi a un nuovo anno nel migliore dei modi. 
Un maestro medievale ha fatto notare che nel giorno di Kippur è richiesto di riflettere attraverso la confessione dei peccati in ben 10 circostanze, pari alle volte in cui il Sacerdote, in questa giornata solenne, pronunciava il nome tetragramma di Dio ai tempi del Tempio. Questo ci può suggerire che il Widdui, circostanza in cui è richiesto di ritrovare se stessi, coincida con i momenti di maggiore spiritualità.

Kippur è un crescendo. Non è un caso che culmini quando, prossimi alla chiusura, per sette volte si invoca l'espressione "Iddio è il Signore"; a quel punto, quasi in risposta ad un appello arriva lo shofar, il corno di montone, che in questa solennità ricorda il suono che annunciava il giubileo, segno di libertà, di uguaglianza e sopratutto di fiducia in una umanità migliore.

 

Amedeo Spagnoletto