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mercoledì 30 dicembre 2020

Bilancio 2020 Accesso al Blog

 


Il presente blog in questo 2020 ha avuto dalla sua apertura n.    39231    accessi

La media degli accessi al blog è stata:

I Trimestre  pari a 400

II Trimestre pari a 404

III Trimestre pari a 336

IV Trimestre pari a 603

La media degli accessi annua è di 436     elementi

I Post totali dalla apertura del blog  è pari a

I Trimestre  pari a 3,33

II Trimestre pari a 4

III Trimestre pari a 1,56

IV Trimestre pari a 2,33

La media dei post per l’anno 2020 è di    2,33  ogni mese

sabato 12 dicembre 2020

Il Processo degli Ammiragli. Parma Maggio 1944

 

Amm. Luigi Mascherpa

Nel mese di maggio si svolse a Parma un processo voluto personalmente da Mussolini dal 22 al 24 maggio 1944. contro l’amm. Iginio Campioni e l’amm. Luigi Mascherpa per “essersi opposti ai tedeschi” in Egeo, e contro l’amm. Priamo Leonardi, per la resa della Piazzaforte di Augusta (luglio 1943) e l’amm. Gino Pavesi per la resa di Pantelleria (giugno 1943). Un attacco di una formazione partigiana al carcere aveva dato la possibilità a Mascherpa e a Campioni di fuggire, ma essi si rifiutarono, ritenendo di avere fatto il proprio dovere. Pavesi e Leonardi erano contumaci essendo prigioneri degli Alleati. Precedentemente Il 12 maggio 1944 si era svolto un analogo processo contro gli ammiragli Pellegrino Matteucci e Franco Zannoni, rispettivamente comandanti della piazza marittima di Tolone e del Dipartimento marittimo dell'Alto Adriatico, vennero prosciolti perché si dovette riconoscere che avevano accolto l’armistizio in modo passivo, senza opporre resistenza ai tedeschi.  L’istruttoria fu affidata ad un certo Vincenzo Cersosimo, che praticamente non ci fu.[1] Campioni e Mascherpa era Senatori del regno d’Italia e questo loro titolo li sottraeva alla giustizia ordinaria. Potevano essere giudicati per l’accusa di alto tradimento solo dal Senato del Regno.

Senza basi giuridiche, furono tutti condannati a morte. Fucilati Campioni e Mascherpa, gli altri erano contumaci. Campioni prima di morire ebbe a scrivere “bisogna saper offrire in qualunque momento la vita al proprio Paese, perché nulla vi è di più alto e più sacro della Patria”.

 


Amm. Iginio Mascherma



La RSI perse ulteriore credibilità presso l’opinione pubblica, giudicando questo processo e la sua conclusione un vero e proprio omicidio motivato solo da rancore e vendetta e volto a addebitare al altri le proprie colpe. Mussolini voleva dimostrare che la Regia Marina era la vera responsabile della sconfitta. Insieme a quello di Verona, in cui voleva additare il colpevole del crollo del fascismo, che si concluse con la fucilazione di Galeazzo Ciano e di altri gerarchi fascisti, l’11 gennaio 1944 fu un terribile sbaglio da parte di Mussolini, che lo sminuì sia di fronte ai tedeschi, che di fronte ai fascisti e soprattutto di fronte agli italiani. Questi processi, intesi da chi li aveva voluti come prove di risolutezza, furono interpretati per quelli che erano: addebitare ad altri le proprie colpe ed i propri errori.

Nell’assunto che noi proponiamo il IV Fronte, la resistenza dei militari italiani all’estero, in questo caso nell’Isole dell’Egeo, si salda con il I Fronte, nella lotta contro la coalizione hitleriana , di cui la RSI faceva parte, in cui non vi è parvenza di rispetto di diritto.



[1]“«L'istruttoria, condotta dal giudice Vincenzo Cersosismo, procedette a passo di carica. Gli interrogatori degli imputati furono sbrigativi. La ricerca di prove quasi inesistente. (...) C'era in Cersosimo una volontà preconcetta: ai suoi occhi erano colpevoli e basta. Nessuna giustificazione, anche legittima, lo scuoteva nei suoi convincimenti. (...) "Questo processo" disse con grande coraggio l'avvocato Bazini "in realtà non esiste: manca assolutamente di base giuridica, è illogico, assurdo". Tocca poi all'avvocato Toffanin difendere Mascherpa. Dimostrò lucidamente che l'ammiraglio non poteva non attuare gli ordini ricevuti dal Comando Supremo, riconfermati poi dal governatore dell'Egeo, e cioè da Campioni, da cui direttamente dipendeva. Era un soldato, che da due anni combatteva nella sperduta isola di Lero, all'oscuro di tutti i travagli politici della capitale. E come tale doveva obbedire agli ordini del re e dei governi in carica. Il Pubblico ministero intervenne energicamente contro l'avvocato, prospettando alla Corte la possibilità di una sua incriminazione per apologia di reato. Il clima del processo, con le illegalità e le intimidazioni, non poteva essere che quello di un Tribunale speciale»   Vikipedia, voce “Processo agli Ammiragli”

sabato 5 dicembre 2020

Italia Ebraica: il programma di dicembre

  #ITALIAEBRAICA, il progetto che riunisce i musei ebraici italiani.

Si inizia a partire da giovedì 10 dicembre alle 18.00 con una nuova serie di appuntamenti online, coordinati dal MEIS e live sulla piattaforma Zoom, alla scoperta della straordinaria ricchezza del patrimonio culturale ebraico.

Ogni mese due musei per volta saranno i protagonisti di un episodio e costruiranno insieme un unico racconto che avrà al centro i beni culturali ebraici italiani, le persone, le famiglie, gli usi e i costumi che li accomunano. Il dialogo metterà in luce l’intreccio di storie che legano una comunità all’altra.

 

Giovedì 10 dicembre, in occasione dell'inizio di Hanukkah, la festa delle luci, si inaugura con il Museo della Padova Ebraica e il Museo dei Lumi di Casale Monferrato che racconteranno le origini della celebrazione e la collezione di Hanukkiot, i candelabri a nove bracci.

 

Durante l'incontro, un simbolico primo lume di questa rassegna, in diretta da Ferrara, Padova e Casale, verrà accesa la prima candela della festa.

 

Intervengono:

 

Elio Carmi - Presidente della Comunità ebraica di Casale Monferrato

Adolfo Locci - Rabbino capo della Comunità ebraica di Padova

domenica 15 novembre 2020

Il Giardino dei Finzi Contini

Museo dell'ebraismo. info@mesiweb.it

ILl 4 dicembre del 1970, cinquanta anni fa, usciva nelle sale italiane "Il giardino dei Finzi-Contini", trasposizione cinematografica del best seller firmato da Giorgio Bassani e pubblicato nel 1962.

Diretto da Vittorio De Sica e interpretato da Lino Capolicchio e Dominique Sanda, il lungometraggio - che porta sulla scena una travagliata storia di amore non corrisposto all'ombra delle leggi razziali - divenne immediatamente un successo planetario e conquistò l'Oscar per il Miglior film straniero.

 

Mezzo secolo dopo, cosa ci rivela il magico e segreto giardino dei Finzi-Contini?

 

Giovedì 3 dicembre alle 21.00 a discuterne sulla piattaforma Zoom saranno Damiano Garofalo, ricercatore e docente di Cinema, fotografia e televisione  all'Università degli Studi di Roma "La Sapienza di Roma" e Luca Peretti, ricercatore di Cinema e storia all'Università di Warwick.

 

 

Per prenotarti premi il tasto:

 

 

giovedì 5 novembre 2020

Istruzione e resistenza in epoca nazista 4

L’inizio della seconda guerra mondiale, tutto a favore della Germania hitleriana, fece accantonare i progetti sovversivi da parte degli interessati che, invece, ripresero dopo la fallimentare Campagna di Russia e dopo le sconfitte sul fronte africano. Nei mesi di quiescenza bellica che seguirono l’invasione della Polonia, i numerosi eccidi compiuti dall’esercito tedesco e dalle SS disgustarono alcuni militari che ripresero i propri cauti progetti di rovesciamento del regime: unica soluzione ai più di questo parere, era uccidere Hitler stesso. Senza uccidere il padre della Patria, il Capo assoluto liberatore e salvatore dell’integrità ariana, sarebbe stato impossibile giungere a risultati davvero capaci di invertire quell’infernale tendenza. Pertanto si riaccesero le idee di eliminazione del dittatore. Fu proprio la Campagna di Russia, a seguito dell’Operazione Barbarossa, a minare di più la solidità di Hitler agli occhi dei militari. Essi gli suggerirono a più riprese di ritirarsi una volta evidente che l’avanzata dell’inverno, la strenua difesa russa e l’azzeramento dell’idea che i fatti si sarebbero conclusi prima del freddo (per il quale i tedeschi non erano equipaggiati né in armamento né nell’organizzazione dei rifornimenti) avrebbero ostacolato i piani fatti a tavolino. Lo spettro della famosa ritirata napoleonica aleggiava al punto da impedire qualsiasi decisione che non fosse resistere e così si fece, a scapito di migliaia di morti. Lo scontro tra Hitler e i suoi generali sulla Russia fu frequente, senza che egli volesse cedere di un metro sulle proprie decisioni e fu proprio quello che portò all’allontanamento di alcuni di essi dalla fedeltà giurata. Molti ufficiali non appoggiarono il colpo di Stato che venne tentato nel 1944, ma non tradirono comunque i commilitoni. L’Operazione Valchiria fu significativa perché attuata all’interno del Quartier Generale di Rastenburg dove, alle ore 12.42 del 20 luglio venne fatta esplodere una bomba che uccise quattro persone e ne ferì venti, senza riuscire ad uccidere Hitler. L’organizzazione, capeggiata dal colonnello Claus Schenk von Stauffenberg, aveva già pensato a come organizzare il colpo di Stato, che avrebbe avuto il principale compito di chiedere una pace separata agli Alleati. Questa avrebbe evitato l’invasione della Germania e la resa incondizionata alla quale Hitler la portò. Il fallimento dell’attentato, non soltanto svelato ma che soprattutto, per le intenzioni degli organizzatori, non era riuscito a eliminare il Führer uscitone con qualche ferita lieve, portò all’arresto di migliaia di militari e collaboratori, alcuni dei quali vennero uccisi, mentre altri vennero inviati ai campi di concentramento.
A parte il finale fallimentare, fu sul piano morale che la mancata riuscita dell’Operazione Valchiria agì. Hitler sembrava intoccabile e imbattibile ma, soprattutto, sembrava sempre più vicino il disastro totale. Come in effetti, per macerie e cumuli di morti, fu. Fermare la guerra anche solo di alcuni mesi avrebbe risparmiato inenarrabili sofferenze. (le precedenti parti sono state pubblicate in data 5 agosto,5 settembre, 5 ottobre 2020)

domenica 1 novembre 2020

Museo dell'Ebraismo a Ferrara


 A partire dal mese di novembre, il Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah di Ferrara sarà aperto dal venerdì alla domenica dalle 10 alle 18.

La biblioteca del museo osserverà i seguenti orari: martedì e giovedì 10.00-13.00 e 14.00-18.00; sabato 10.00-14.00.

Oltre alla visita fisica delle mostre “Ebrei, una storia italiana” e “1938: l’umanità negata” durante il weekend e nel pieno rispetto delle norme anti-contagio,  il MEIS proporrà tutte le settimane sulle sue pagine social e sul sito web contenuti multimediali esclusivi.

Da mercoledì 11 novembre, inoltre, inizieranno da remoto i corsi di ebraico biblico e di ebraico moderno realizzati con il sostegno dell’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara e il patrocinio dell’Università degli Studi di Ferrara.

mercoledì 21 ottobre 2020

Elisa Bonacini 16 ottobre 1943 a Roma

 


16 ottobre 1943: 77 anni fa il rastrellamento degli ebrei di Roma

 

 

 “Un ricordo per la pace”: “Grazie a chi, sopravvissuto, ha avuto la forza di raccontare. Ora spetta alle giovani generazioni perpetuare la memoria della Shoah”

 

 

 

 

77 anni fa il rastrellamento del Ghetto di Roma. Erano le 5 e 30 del mattino del 16 ottobre 1943 quando le truppe della Gestapo invasero le strade del quartiere ebraico catturando 1259 persone: 689 donne, 363 uomini e 207 bambini. Radunati sotto il Portico d’Ottavia vennero condotti nei pressi del Vaticano; due giorni dopo per 1023 di loro la partenza dalla stazione Tiburtina, destinazione il campo di Auschwitz, in Polonia.

Alle famiglie quella mattina venne distribuito un biglietto con le indicazioni dei tedeschi che raccomandavano entro 20 minuti di chiudere la porta di casa portando con sé viveri, documenti ed indumenti personali. Anche malati gravissimi non vennero risparmiati dalla cattura adducendo quale giustificazione ci fosse “un’ infermeria nel campo”.

Solo in 16, Settimia Spizzichino unica donna, sopravviveranno; nessun bambino farà più ritorno.

 

Nell’anniversario della “razzia” degli ebrei romani l’associazione “Un ricordo per la pace” ribadisce il progetto di “Museo per la pace” ad Aprilia, per la cui realizzazione da anni l’associazione si sta battendo. Il progetto prevede uno spazio dedicato alla Shoah e ad Anne Frank, il cui diario è icona della deportazione ebraica. Un’altra sezione, come noto, sarebbe riservata all’internamento degli IMI nei campi nazisti dopo l’8 settembre 1943, i soldati italiani che dissero No al nazismo preferendo la prigionia nei lager alla collaborazione con i tedeschi.

La presidente di “Un ricordo per la Pace” Elisa Bonacini: A ricordarci tutto il male perpetuato dai nazisti durante la seconda guerra mondiale, a monito di quanto mai più dovrebbe riproporsi è stata finora la voce dei sopravvissuti, testimoni diretti dell’Olocausto. A tutti loro, a quelli che ci hanno lasciato falcidiati dal trascorrere inesorabile del tempo, ai rarissimi ancora viventi, abbiamo il dovere di dire grazie. Grazie a tutti per aver trovato il coraggio di raccontare dopo anni di silenzio cosa è stata la Shoah, vissuta sulla propria pelle e su quella dei propri familiari. Grazie per aver trovato la forza di combattere incredulità e negazionismo, seppur struggendosi per il senso di colpa di avercela fatta. Vorrei in questa occasione rivolgere un saluto ed abbraccio virtuale alla Senatrice Liliana Segre e a Sami Modiano, entrambi deportati ad Auschwitz, cui il Comune di Aprilia, città ove ha sede la mia associazione, ha conferito la cittadinanza onoraria.

Nata a Milano nel 1930 Liliana è stata instancabile testimonial dello sterminio degli ebrei con un significativo messaggio di riconciliazione e di pace. Lo scorso 9 ottobre alla presenza delle più alte cariche dello Stato e del Governo ha deciso di rendere l’ultima testimonianza pubblica “alle scuole italiane e ai giovani del mondo” dalla “Cittadella della Pace” di Rondine (Arezzo).

A Liliana, Sami, difficile vederlo senza l’inseparabile amico Piero Terracina scomparso nel dicembre dello scorso anno, e a tutti gli altri dobbiamo dire ancora un infinito grazie. Grazie per averci insegnato che l’odio ed il male si possono vincere con la cultura della pace. Sta a noi ora, figli, nipoti di chi subì la deportazione nei lager nazisti ed alle generazioni che seguiranno mantenere la memoria di una delle pagine più buie della nostra storia, impegnandoci per contrastare ogni nuova forma di razzismo, violenza e discriminazione.

Grazie Liliana, grazie Sami! Sarebbe bellissimo avervi con noi il giorno in cui si realizzerà, se mai si realizzerà, il progetto del “Museo per la Pace” qui ad Aprilia.”

martedì 20 ottobre 2020

Sukkot 5781

 Questa sera gli ebrei si accingono a festeggiare per sette giorni Sukkot, la festa delle capanne contraddistinta da quelle dimore precarie il cui tetto è ricoperto da semplici frasche ricche di simbolismo.

Il testo del Levitico è chiaro rispetto a chi è invitato a risiedere in queste residenze così frugali, segno di sottomissione alla provvidenza: “ogni cittadino di Israele siederà nelle capanne”.

La parola ezrach, cittadino, ci dice chiaramente che alla base devono esistere principi condivisi, leggi in cui tutta la comunità si riconosce, valori intorno ai quali sviluppare la convivenza e la crescita. Chi li fa propri, ha diritto a stare sotto la sukkà, chi in modo sfacciato e insolente, senza riguardo per un sistema che offre garanzie e benefici non li accetta, non può ritenersi pronto ad entrarvi a pieno titolo.

Ma esiste un secondo aspetto di Sukkot, meno conosciuto. Quello di prendere ogni giorno della festa 4 essenze vegetali, unirle insieme, agitarle verso i punti cardinali, augurandosi un anno di benedizione, pregando perché che non si debba soffrire siccità e carestia.

Il Talmud, come di consueto, offre una chiave di lettura apparentemente elementare ma estremamente stimolante e ci invita a riflettere rispetto a questo precetto.

Il cedro, la palma, i rami di salice e di mirto che si stringono fra le mani, non rappresentano che tipi di persone.

Il cedro, bello e profumato, coloro che si attengono alla legge e fanno anche buone opere, la palma e il mirto, la prima, maestosa ma non profumata e l’altro essenzialmente semplici foglie ma dall’odore gradevole, rappresentano chi ha solo una delle due virtù. E poi ci sono rami di salice, senza odore né bellezza.

Saremmo tentati ad escludere questo ultimo tipo di umanità. Ed invece il precetto sta proprio nel unire insieme queste 4 essenze, le une non rifiutano le altre, si integrano, imparano le une dalle altre, si migliorano, si perfezionano fino a costituire quella unità che è necessaria e imprescindibile.

La terra che li ha generati è madre gelosa di ogni sua creatura.

 

Amedeo Spagnoletto, Direttore del MEIS

sabato 10 ottobre 2020

Istruzione e resistenza in epoca nazista 3

di Alessia Biasiolo                                                                                                                  La resistenza a tutto quanto stava accadendo non era semplice, dal momento che si veniva privati di ogni supporto possibile, ma sindacalisti e partiti di opposizione organizzarono azioni di volantinaggio e di protesta che vennero ben presto tacitate. Alcune organizzazioni rimasero segrete anche fino a guerra inoltrata, ma l’azione capillare di smantellamento da parte soprattutto della Gestapo non si interruppe mai, nemmeno durante le fasi catastrofiche della guerra europea.
La Chiesa cattolica ebbe sempre oppositori al nazismo, come lo stesso caso della “Rosa Bianca” testimonia, ma anche le Chiese protestanti ebbero simboli di illuminata opposizione. La linea di condotta generale, infatti, era quella di non contrapporsi alla linea di governo, qualunque esso fosse, pertanto la non ingerenza nelle questioni politiche era d’uso. Preti o pastori che vollero opporsi alle leggi razziali non riuscirono per questo a creare una vera e propria rete di aiuti, rimanendo perlopiù casi isolati e senza appoggio da parte delle proprie organizzazioni ecclesiastiche. Soprattutto l’Operazione Eutanasia fu quella più a rischio per il regime, e Hitler ne era consapevole al punto che, iniziata in sordina, si fermò all’eliminazione delle persone considerate più evidentemente compromesse, ma senza “esagerazioni” che potessero insospettire soprattutto la Chiesa cattolica. Anche la sterilizzazione forzata non era accettata dalla Chiesa, quindi il regime operava con oculatezza, perché l’opinione pubblica cattolica era importante e, soprattutto in alcune aree, molto ricca, capace di influenzare proteste che potevano rivelarsi troppo difficili da gestire anche per il regime nazista che, nel 1940, non si poteva permettere scontri aperti con coloro che, invece, dovevano fungere, almeno sulla carta, da sostenitori.
Lo stesso dicasi per altre forme di “resistenza” al nazismo in Germania, da parte di disillusi o delusi, per mancata carriera, per mancata realizzazione di parti di programma della prima ora. È stato il caso di alcuni militari, soprattutto della Wehrmacht, che già dagli anni Trenta non vedevano di buon occhio la politica espansionistica tedesca verso i Sudeti e l’Austria. Diventava nei mesi evidente che la mira espansionistica tedesca avrebbe portato la Germania di nuovo in guerra. E se molti erano contenti perché questo metteva in risalto le carriere militari appunto, ai militari più avveduti diventò da subito chiaro che quel modo di agire poteva soltanto diventare devastante sul lungo periodo. Di fronte alla Notte dei Lunghi Coltelli alcuni militari avevano mantenuto le proprie riserve, tessendo una blanda rete eterogenea che avrebbe avuto lo scopo di rovesciare il regime a modo e tempo debito. Si attendeva, ad esempio, la presa di posizione finalmente di Francia e Gran Bretagna che avrebbe dato fiato alle perplessità all’interno dello Stato Maggiore dell’Esercito, ma saranno proprio i tentennamenti dei Paesi liberi da gioghi dittatoriali a impedire un’azione decisa dall’interno.  (continua con post in data 10 novembre 2020)

martedì 6 ottobre 2020

Kippur Il Giorno dell'Espiazione

 Domenica 27 settembre (corrispondente alla data ebraica del 10 di Tishrì) inizierà Kippur - il Giorno dell’Espiazione, uno dei momenti più solenni della vita ebraica. È noto che a Kippur si osserva il digiuno senza mangiare né bere fino allo spuntare delle stelle del giorno successivo, ma c'è un'altra caratteristica che contraddistingue questo tempo dedicato all'espiazione.

Ognuna delle preghiere che riempiono la giornata contiene almeno una"confessione dei peccati"Widdui in ebraico. Si tratta di un momento intimo, in cui la lettura di una serie di trasgressioni "tipo" non è altro che lo stimolo ad aprire i propri cuori e calarsi in un'attenta analisi del proprio comportamento. Capire insomma, dove, durante l'anno che è trascorso, avremmo potuto fare meglio, dove non siamo stati all'altezza, non abbiamo fatto prevalere l'umanità, nel senso più nobile del termine, ed abbiamo lasciato che superficialità, ignavia, trascuratezza di modi, prendessero il sopravvento. Il Widdui è uno strumento indispensabile per chi pensasse che possa bastare riconoscere di aver sbagliato, rimanere sul vago, ammettere in modo generale che la manchevolezza c'è stata, ma in fondo è congenita. 
Ed invece ciò che è richiesto è lo sforzo di riportare a galla quei dati che avevamo preferito archiviare nelle celle più nascoste della memoria: dove abbiamo sbagliato e perché. È solo in quel frangente che nasce la forza di affacciarsi a un nuovo anno nel migliore dei modi. 
Un maestro medievale ha fatto notare che nel giorno di Kippur è richiesto di riflettere attraverso la confessione dei peccati in ben 10 circostanze, pari alle volte in cui il Sacerdote, in questa giornata solenne, pronunciava il nome tetragramma di Dio ai tempi del Tempio. Questo ci può suggerire che il Widdui, circostanza in cui è richiesto di ritrovare se stessi, coincida con i momenti di maggiore spiritualità.

Kippur è un crescendo. Non è un caso che culmini quando, prossimi alla chiusura, per sette volte si invoca l'espressione "Iddio è il Signore"; a quel punto, quasi in risposta ad un appello arriva lo shofar, il corno di montone, che in questa solennità ricorda il suono che annunciava il giubileo, segno di libertà, di uguaglianza e sopratutto di fiducia in una umanità migliore.

 

Amedeo Spagnoletto

mercoledì 30 settembre 2020

1938 L'umanità negata

 Museo Nazionale dell'Ebraismo Italiano e della Shoah 

Via Piangipane, 81 - Ferrara

Riapre martedì 22 settembre al MEIS il percorso multimediale “1938: l’umanità negata”, a cura di Paco Lanciano e Giovanni Grasso. Una iniziativa promossa dalla Presidenza della Repubblica con il contributo del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca-Miur e il sostegno di Intesa Sanpaolo.
Fortemente voluta dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la mostra è stata esposta nel 2018 al Quirinale in occasione degli ottanta anni dalla promulgazione delle leggi razziali e costituisce la prima parte dell’allestimento del MEIS dedicato alla Shoah.
Attraverso l’uso di multimediali con immagini e filmati d’epoca, documenti originali e installazioni, “1938: l’umanità negata” crea una esperienza immersiva che permette al visitatore di entrare in contatto con il dramma delle leggi razziali, l’esclusione sociale, la persecuzione nazifascista e lo sterminio.
Il percorso concepito dai due curatori è infine arricchito al MEIS dall’installazione site-specific dell’artista israeliano di fama internazionale Dani Karavan, creata per ricordare l’esperienza italiana della Shoah.

sabato 19 settembre 2020

Il Capodanno Ebraico

 La sera di venerdì 18 settembre, corrispondente con il 1° giorno del mese ebraico di Tishrì, inizia Rosh Hashanà, il Capodanno ebraico che segna l'ingresso nell'anno 5781. Durante la sera, riuniti a cena con tutta la famiglia, si usa intingere uno spicchio di mela o un pezzo di pane nel miele augurando un anno dolce come dolce è il sapore del miele.

Alcuni celebrano il seder (ordine) consumando delle pietanze dal forte valore simbolico, tra queste la melagrana. Mangiando il frutto si chiede che i nostri meriti siano numerosi come i chicchi, un auspicio per l'anno a venire.

Con Rosh Hashanà inizia il periodo delle principali ricorrenze ebraiche, dieci giorni dopo cade infatti il giorno del digiuno di Kippur e il 15 di Tishrì inizia Sukkot, la festa delle capanne che si conclude con Simchat Torà, il giorno in cui in sinagoga si legge l’ultimo passo della Torà, ricominciando immediatamente dopo la sua rilettura per non interrompere il ciclo. Questo periodo è incentrato sull'espiazione, l'analisi di coscienza, l'impegno a migliorare le proprie azioni e ad avere un comportamento di maggiore rispetto verso il prossimo; gli ebrei ovunque si trovino iniziano un percorso per chiedere perdono delle proprie trasgressioni, un cammino di rinnovamento e rinascita lasciando indietro quanto di negativo è successo nell'anno precedente.

A Capodanno si invoca l’amore dell’Eterno verso le Sue creaturechiedendo di ricevere un giudizio favorevole per il nostro comportamento e di poter essere iscritti sul Libro della Vita.

 

In attesa di potervi accogliere nella prossima grande mostra del MEIS “Oltre il ghetto. Dentro & fuori” - curata da Andreina Contessa, Simonetta Della Seta, Carlotta Ferrara degli Uberti e Sharon Reichel - che verrà inaugurata il prossimo marzo del 2021, il Presidente del MEIS Dario Disegni e il Direttore Amedeo Spagnoletto vi augurano Shana Tovà Umetukà, che sia un anno buono e dolce come il miele e colmo di meriti come i chicchi della melagrana.

 

(Traduzione del testo in ebraico tratto dalle preghiere di Capodanno “Re che ami la vita ricorda le Tue creature con amore – Buon anno". Illustrazione di Giulio Stabellini)

lunedì 7 settembre 2020

Istruzione e resistenza in epoca nazista 2

di Alessia Biasiolo                                                                                                                         La questione della resistenza tedesca al nazismo è controversa. Infatti, molti personaggi anche illustri si sono affrettati, a guerra finita, a definirsi artefici di movimenti di spionaggio o di resistenza, fondatori della “Rosa Bianca” stessa, eccetera, forse per sfuggire a lunghe pene detentive dopo essersi trovati agli arresti per sospetta collusione con il regime dittatoriale. Non per tutti coloro sono state trovate prove certe, pertanto ancora oggi la Storia nutre dei dubbi che non può, in mancanza di documentazione, sfatare. Opporsi al regime nazista non fu semplice. Per sintetizzare la posizione tedesca, di più strati sociali in vari anni dalla proclamazione di Hitler a capo del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori, si pensava che il programma politico così abilmente ostentato si sarebbe poi ridimensionato una volta raggiunto il potere. Quando, però, alcuni si resero conto che tutto si stava, invece, realizzando proprio come Hitler aveva pianificato, era troppo tardi per organizzare una qualche forma efficace di protesta. Eletto cancelliere ed entrato nei pieni poteri nel 1933, Hitler dispose immediatamente l’eliminazione di ogni forma di opposizione, soprattutto interna al partito (vedasi la tristemente famosa Notte dei Lunghi Coltelli).
I dati degli arresti a seguito dei controlli della Gestapo testimoniano che prese di posizione ci sono state. In meno di sei anni, circa un milione di tedeschi furono inviati nei campi di concentramento, il primo dei quali era stato aperto nel 1934. Attività antinazista è stata imputata a oltre duecentomila persone condannate a pene detentive in carcere; a circa due anni dalla salita a ruolo di cancelliere di Hitler, pare esistessero migliaia di centri clandestini di diffusione di volantini antinazisti. Molti oppositori erano appartenenti a partiti di sinistra, altri erano oppositori cattolici. Quella rete antinazista può spiegare la serie di attentati ai quali il Führer sfuggì durante la dittatura.
Neppure si deve dimenticare che il grande nemico del Terzo Reich, assieme agli ebrei, erano i comunisti, pertanto anche verso di loro si era concentrata l’azione repressiva e, di fatto, eliminatoria sin dai primi tempi del regime, a cominciare dall’incendio del Reichstag.
“Il vasto incendio del Parlamento segna l’ultimo conato del comunismo in Germania mentre il trionfo elettorale di Hitler apre un nuovo periodo della storia tedesca”, recitava il testo introduttivo al filmato Luce che documentava, in Italia, la vastità dell’incendio stesso, avvenuto il 27 febbraio 1933 per mano nazista per incolpare comunisti, ed eventualmente ebrei, del danno alla Germania. Nei pressi del Parlamento venne trovato il definito agitatore comunista Marinus Van der Lubbe, un muratore olandese ventiquattrenne che aveva fallito il progetto di trasferirsi in Unione Sovietica. Sotto tortura, ammise di essere stato lui a dare fuoco al Parlamento e l’episodio diede spazio ai nazisti per chiedere all’anziano presidente tedesco di firmare il Decreto dell’Incendio del Reichstag che aboliva la maggior parte dei diritti della Repubblica di Weimar, reintroducendo la pena di morte. A seguito di questo, fu possibile condannare a morte Van der Lubbe nel 1934. Il colpo di mano si rivelava di fatto utile per smorzare la possibilità di non avere un plebiscito alle elezioni federali del 5 marzo 1933, le ultime in Germania ad essere pluripartitiche prima della dittatura. Il partito di Hitler ottenere una percentuale intorno al 45%, ma il Partito Socialdemocratico e il Partito Comunista insieme ottennero comunque circa il 30% dei voti, addirittura sopravanzando il Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori in due casi, tra cui Berlino, dove ottennero addirittura oltre il 50% dei voti. A quel punto non fu più ostacolata la strada al totalitarismo hitleriano che si stava componendo in fretta, approvando leggi che mettessero subito in pratica il progetto politico. In occasione delle elezioni, per dichiarati motivi di sicurezza, molti esponenti comunisti vennero arrestati e incarcerati, così come sindacalisti e antinazisti in genere. Nel nuovo insediamento venne definito finito lo Stato di diritto e finite le garanzie civili per i cittadini. Già con il Decreto di incendio del Reichstag erano finiti la libera associazione, il diritto di riservatezza della posta, ad esempio. Ora si optava per esautorare il Parlamento dei suoi poteri, che di fatto non aveva più, mentre a breve verrà creata la Gestapo, la polizia politica. Locali pubblici come le mitiche birrerie tedesche, vennero messe sotto stretto controllo delle SA e delle SS. Proprio le birrerie, forse sapendo Hitler quanto potessero diventare pericolose! (continua con post in data 5 ottobre 2020)



giovedì 20 agosto 2020

Biografia di Giacomo NASATTI Internato in Germania 2

post precedente in data 12 agosto 2020


di MARIO NASATTI

Fine della guerra, nascita della Repubblica Italiana
 2 giugno 1946,  l’Italia, dalle macerie della guerra, rinasce come Repubblica libera e democratica fondata sul lavoro. Fra i padri costituenti il dott. Giuseppe Lazzati, ufficiale degli Alpini, reduce dai Lager nazisti.
Giacomo, congedato dopo 90 mesi passati al servizio della Patria, viene assunto come operaio falegname presso la Società elettrica Orobia, in seguito diverrà ENEL. Luglio 1946 nasce mia sorella Ada.  Nel 1950 insieme al fratello Galdino, (anch’egli reduce di guerra e prigionia) acquista una porzione terreno a Valmadrera. Lo zio muratore e papà falegname si rimboccano le maniche e, con l’aiuto di amici e parenti, costruiscono due casette ognuna col suo orticello. Ricordo la gioia di mamma e l’orgoglio di papà per la nostra casa. In quegli anni riceve visite dai suoi ex commilitoni. Il sindaco, nelle ricorrenze patriottiche, invita papà accanto a sé. Nel 1957 nasce mio fratello Fabrizio e il Gruppo Alpini Valmadrera di cui Giacomo è cofondatore e capogruppo.  
Due anni dopo, nel 1959, partecipa alla consacrazione della Chiesetta votiva del Battaglione “Morbegno” al Pian delle Betulle in Valsassina. Quella domenica ero presente anch’io, sedicenne, col gagliardetto del Gruppo Alpini Valmadrera. Ricordo la moltitudine di Alpini e persone sul prato antistante la nuova Chiesetta e il toccante incontro di mio padre con alcuni suoi Alpini i quali in segno di stima e sincera amicizia formarono un gruppetto vicino a Giacomo,il loro sergente”, che nei Lager nazisti aveva rifiutato i vantaggi di capo baracca per non lasciarli soli, sull’esempio del Beato Teresio Olivelli e del Venerabile  Giuseppe Lazzati.
Negli anni a seguire, ogni prima domenica di settembre, Giacomo salirà in pellegrinaggio al Pian Betulle presso la Chiesetta Votiva del “Morbegno” per ritrovarsi con i suoi Alpini e ricordare i commilitoni Caduti e quelli “andati avanti”.




 Gli anni della pensione
Nel  1974, il Presidente ENEL consegna a Giacomo la “Medaglia d’Argento per i 25 anni di effettivo servizio e operosa attività. Con la pensione avendo più tempo a disposizione, incapace di stare inattivo, amante della Montagna e della natura, oltre collaborare con le varie Associazioni Alpinistiche locali, adotta una porzione di terreno agricolo in stato d’abbandono sulle pendici del Monte Moregallo, con incantevole vista lago. Dopo aver estirpato erbacce e sterpi realizza una casetta in legno tipo “Baita alpina” al servizio dei famigliari e dei numerosi amici fra cui i reduci per trascorre momenti in lieta compagnia con l’amato Tricolore, il cappello Alpino e i suoi cani, sempre meticci trovatelli.
Nel 1979, riceve dal “Ministero della Difesa il distintivo d’onore per i patrioti “Volontari della Libertà” istituito con decreto luogotenenziale n.350 del 3-5-1945; essendo stato deportato nei lager ed avendo rifiutato la liberazione per non servire l’invasore e la repubblica sociale durante la resistenza”.
Mio padre è “andato avanti” nel 1990, dopo una vita laboriosa accanto alla sua sposa, ai suoi figli e numerosi nipoti, lasciando il ricordo di una persona attiva e disponibile con i bisognosi, rispettosa di sé, degli altri e della natura che ci circonda. Combattente valoroso e reduce dall’internamento nazista per la conquista della Libertà e Democrazia dell’amata Patria. Beni imprescindibili da custodire con amore e trasmettere intatti alle future generazioni.

“PER NON DIMENTICARE”
La Repubblica Italiana, dopo decenni di colpevole oblio, con la Legge n. 296 del 26 dicembre 2006, ha istituito la “Medaglia d’Onore” a titolo di riconoscimento, soprattutto morale, ai militari italiani che dopo l’8 settembre 1943, furono catturati e internati nei lager in territorio germanico destinati al lavoro coatto per l’economia di guerra del Terzo Reich.
la Federazione dell’Istituto Nastro Azzurro di Lecco, in linea con gli scopi dello Statuto, da alcuni anni svolge, volontariamente, le ricerche dei Fogli Matricolari relativi ai militari che nelle guerre del secolo scorso hanno servito la Patria con atti d’eroismo, senso del dovere e dell’onore. Grazie alla fattiva collaborazione con l’Archivio di Stato di Como, dal 2012 ad oggi, sono state consegnate 120 Medaglie d’Onore agli IMI (Internati Militari Italiani) in massima parte alla (memoria) cui va aggiunta la posa di 34 “marmette” votive presso la Chiesetta del Battaglione “Morbegno” al Pian delle Betulle.
Valmadrera, 12 maggio 2020
Mario Nasatti

   

mercoledì 12 agosto 2020

Biografia di Giomo NASATTI Internato in Germania 1

  
Biografia Nasatti Giacomo

di Mario Nasatti*

Giacomo Nasatti nasce a Valmadrera (CO) il 21 maggio 1916,  figlio Santo e Anghileri Bambina, quintogenito di una famiglia di 4 maschi e due femmine, trascorre l’adolescenza nell’antica corte contadina “Fatebenefratelli”, sulla Rocca di Valmadrera a picco su  “Quel ramo del Lago di Como, ……….., tra due catene non interrotte di monti……..”  di manzoniana memoria. Conseguita la licenza di 5° elementare aiuta i genitori nei lavori campestri. Quattordicenne è assunto apprendista falegname presso una ditta in Lecco ed impara la lavorazione del legno.
In occasione della “Crociera Aerea del Decennale”, luglio - agosto 1933, guidata da Italo Balbo, (già eroico ufficiale degli Alpini, fondatore de L’Alpino), il giovane ebanista, fedele alla Voce del suo tempo, realizza un modellino in legno del famoso idrovolante SIAI Marchetti S 55 X. utilizzato per il volo transoceanico. La copia dell’aereo è perfetta. Sulle ali spicca il tricolore e l’opera viene esposta alla Mostra organizzata dal Fascio di Lecco, per celebrare l’evento di risonanza mondiale.
Nel tempo libero frequenta la Palestra Ghislanzoni di Lecco, pratica il pugilato (sport fra i più antichi  “nobile arte della difesa”).  Come dilettante partecipa a vari incontri provinciali e regionali con successo. Oltre la box ama la Montagna e compie escursioni sulle montagne lecchesi. Di fisico robusto è un ottimo alpinista, lo sarà anche in età avanzata.
Chiamata alle armi e Spagna
La chiamata alle armi arriva il 10 maggio 1938: arruolato nel 5° Reggimento Alpini Battaglione “Morbegno” a  Merano:  il “30 giugno 1938 è nominato soldato scelto, il 10 agosto promosso al grado di caporale e il 30 novembre 1938  promosso caporal maggiore di squadra fucilieri .   Distinzioni e servizi speciali : tiratore scelto col fucile mod. 91, fucile mitragliatore.
27 febbraio 1939, è “Volontario in servizio non isolato all’estero per tempo indeterminato nel “1° Battaglione Alpini in pratica “osservatore” in Spagna , dove gli Alpini vanno in borghese, ma non rinunciano cappello alpino che nascondono sotto il pastrano (vedi foto); arrivati a Cadice, via mare, non sono  impiegati perché nel frattempo il Generale Franco entra vittorioso a Madrid. Gli Alpini rientreranno in Patria, sempre via mare, facendo la “quarantena” a  Castellamare di Stabia (vedi foto).  Finita la quarantena il “1° Battaglione Alpini” viene sciolto e gli alpini rientrano ai Battaglioni di appartenenza.
Nella Caserma del 5° Alpini a  Merano,  dopo le esercitazioni,  era possibile organizzare attività sportive come partite di calcio, incontri di boxe e altre discipline. Il Caporal magg. Nasatti Giacomo, disputò alcuni incontri di box , fra cui quello famoso col Capitano Verdi (nome di fantasia) di cui sono venuto a conoscenza nel 2011 tramite il racconto del Ten. Col. (R.O.) Enzo Curti classe 1917  che, all’epoca del fatto era Caporal magg. della 44^ “Morbegno” con mio padre.
“ Il Capitano Verdi è un bell’uomo, atletico e forte,  però sul ring si trova in  difficolta in quanto tuo padre, pur essendo più basso (alto m. 1. 64,5) è più giovane, più agile e preparato. Ad un certo punto dell’incontro l’ufficiale dice, “ma tu fai sul serio”, la risposta di Giacomo è pronta: “Signor Capitano, se vuole, mi fermo” la replica :  “no, no, vai avanti, è un ordine!” Si riprende ma il Capitano non è in grado di competere con la tecnica precisa dell’avversario che lo obbliga più volte alle corde.  Al termine dell’avvincente incontro  l’arbitro assegna la vittoria al caporale; l’ufficiale con autentico spirito sportivo abbraccia tuo padre, per la correttezza e lealtà dimostrata durante il match. Scrosciano gli applausi degli Alpini che tifavano per il caporale, perché l’ufficiale era piuttosto rigido con la truppa e non lesinava punizioni. Morale: Giacomo diventa un mito per noi alpini e il Capitano Verdi meno rigido con la truppa.”
Questo a dimostrazione che lo Sport, praticato con puro agonismo, non conosce censo e gradi ed ha capacità di unire le persone: nelle gare internazionali supera i confini e unisce le Nazioni, vedi Olimpiadi.    
9 settembre 1939, Hitler invade la Polonia, il 6 novembre 1939, mio padre ha concluso i 18 mesi di leva e, anziché essere congedato, viene “Trattenuto alle armi a senso della “Circolare 4001 in data  24 agosto 1939  del Ministero di Guerra.”  E’ il preludio che anche l’Italia si appresta ad entrare in guerra: continuano le esercitazioni e gli addestramenti delle nuove reclute. Nell’inverno 1939-40, come ebanista realizza speciali sci da adattare ai muli, vedi foto d’epoca sul Monte Rosa, Nasatti è quello con la sacca sul davanti.
 10 giugno 1940, dichiarazione di guerra alla Francia e all’Inghilterra a fianco della Germania  
Il 5° Alpini, facente parte della “Tridentina” partecipa alle operazioni di guerra sul fronte Occidentale contro la Francia, dall’ 11 al 24 giugno, nella zona del Col de la Seigne.  
Il fronte greco – albanese,  28 ottobre 1940- 23 aprile 1941
28 ottobre 1940, l’Italia dichiara guerra alla Grecia. Il 5° Alpini inizia il trasferimento in ferrovia diretto a Brindisi il 4 novembre. Da Brindisi, nei giorni 10, 11 e 12 novembre raggiunge l’Albania.  Il Morbegno e l’Edolo sono aviotrasportati, mentre il Tirano e i reparti minori sbarcano in Albania via mare; il 13 novembre il Morbegno e L’Edolo sono già attestati nella zona montuosa di Coriza a contatto col nemico. Il Morbegno sostiene i primi accaniti combattimenti sul Monte Lofka
15 novembre, Kazanit, muore in combattimento anche il Caporale Nasatti Mario 47^ Cp. Mortai, cugino di mio padre, nato e cresciuto nella stessa corte “Fatebenefratelli” sulla Rocca di Valmadrera: grande è il cordoglio dei parenti per la morte di questo giovane, appena ventenne, le cui spoglie rimarranno insepolte in Albania.  
Nonostante l’eroica resistenza, causa anche le condizioni metereologiche avverse, il 5° Alpini è costretto a ripiegare nelle posizioni retrostanti: In un mese e mezzo di durissimi combattimenti ha dato un generoso contributo alla Campagna: 1300 uomini tra morti, dispersi,  feriti  e congelati (senza contare gli ammalati gravi) ,
il 28 dicembre 1940, per ricomporre i ranghi del Battaglione Morbegno, decimati dai combattimenti e dalle intemperie di quel terribile inverno, affrontato con un equipaggiamento inadeguato, iniziano ad arrivare i Complementi fra questi il Capitano Adriano Auguadri e gli Arditi di Battaglione che combatteranno al suo fianco sino all’estremo sacrificio.
 Inquadrato nei Complementi il caporal maggiore Nasatti Giacomo, il 19 gennaio 1941, è aviotrasportato da Foggia a Tirana. Trasferito in prima linea il 24 gennaio 1941, partecipa all’azione di carattere offensivo condotta dal Capitano Auguadri a quota 926 di Sqimari , Val Tomorezza, ricevendo la M.B.V.M.(sul campo) dal Comandante del 5° Alpini, Colonnello Carlo Fassi.
“Nasatti Giacomo di Santo e Anghileri Bambina, da Valmadrera (Como), classe 1916, caporal maggiore, 5° Alpini, Battaglione “Morbegno”
Comandante di squadra fucilieri, durante un attacco contro posizione nemica, guidava con perizia e coraggio il proprio reparto che incitava con la parola e coll’esempio, sull’obbiettivo assegnato alla squadra finchè, giunto a contatto col nemico, ne aggirava la posizione assaltando con bombe a mano e baionetta riuscendo così a ributtarlo con perdite e impadronirsi della posizione. Ad un tentativo nemico di contrassaltare si  opponeva con energico fuoco e bombe  a mano. Sempre di esempio ai suoi uomini, ha dimostrato alto senso del dovere ed ardimento.  – Quota 926 di Sqimari  (fronte greco) 24 gennaio 1941”
  A Sqimari gli Alpini del “Morbegno” durante  una  pausa dai combattimenti esprimono il Voto che sarà sciolto nel 1959 con la Chiesetta Votiva al Pian delle Betulle, Valsassina (LC). Seguiranno altre azioni sul Monte Guri i Topit: a quota 2110 il 9 marzo e  quota 2120 il 4 aprile 1941, con l’olocausto del “Morbegno” col sacrificio di Auguadri, Ferruccio Battisti e tantissimi caduti da ambo le parti.  Il 25 marzo,  Nasatti viene ricoverato all’Ospedale Militare da Campo, sarà dimesso il 5 maggio. Rientrato in Patria, il 25 luglio 1941, è mandato in licenza straordinaria di gg. 32 (Circolare 143750 / 53.1.9)  torna casa dai genitori e dalla sua amata fidanzata. Rientra al “Morbegno”, dislocato in Piemonte, il 26 agosto 1941, riprende le esercitazioni e gli addestramenti delle reclute. 12 marzo 1942, si sposa con mia madre Elvira Baù classe 1919, il matrimonio si celebra Veronella (VR), luogo di nascita della mamma. Il 20 maggio 1942 cessa di essere mobilitato perché passato effettivo al Comando Truppe al Deposito 5° Alpini. Eviterà la Campagna di Russia e farà la spola fra il Magazzino Deposito del Battaglione “Morbegno” in Lecco  e  la Caserma del 5° Alpini di Merano.
15 gennaio 1943, promosso al grado di sergente. 6 giugno 1943, a Malgrate, nasce il sottoscritto: alla bella notizia papà è in Val Venosta con le reclute classe 1924, offre da bere a tutti e viene a casa in licenza.






La prigionia nei Lager nazisti
 I momenti belli durano poco, infatti, 3 mesi dopo, l’8 settembre 1943, l’annuncio dell’Armistizio coglie mio padre e il Ten. Giuseppe Lazzati a Merano nella Caserma del 5° Alpini con le reclute del 2° scaglione, classe 1924, provenienti da Lecco. La maggioranza dei militari, compresi i Comandanti, rifiuta di continuare a combattere al fianco dei tedeschi: saranno catturati e deportati nei Lager nazisti in territorio germanico, dando inizio alla Resistenza disarmata. Il sergente Nasatti, veterano decorato al Valor Militare, è scelto come capo baracca, rispetto agli altri internati se accettasse avrebbe dei vantaggi: rinuncia per non servire i nazisti e stare accanto ai suoi Alpini. Stimato dai prigionieri, costretto al lavoro coatto, subirà maltrattamenti inumani dai Kapò, patirà umiliazioni, fame e freddo ma troverà la forza e il coraggio di resistere, al pensiero dei suoi cari che anelano il suo ritorno.
Lo scorso 2 maggio il Gen. di C.A. Salvatore Farina, attuale Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Italiano, in occasione del 75° anniversario della fine della 2°Guerra Mondiale ha ricordato il contributo dei militari italiani combattenti la Battaglia di Montelungo (7-16 dicembre 1943) a fianco degli Alleati e quello dei 700.000 Militari Italiani Internati (IMI) di cui ben 50.000 persero la vita nei famigerati Lager nazisti.
Papà sarà liberato a guerra finita dai russi. Tornerà a casa dopo un viaggio allucinante di 4 mesi in massima parte a piedi, dall’alta Polonia al Brennero, attraverso città e territori devastati dalla follia della guerra. Dimagrito e provato, finalmente, la mattina del 26 agosto abbraccia sua moglie e il suo bimbo che aveva lasciato in fasce. La famiglia è riunita e, la vita, degna d’essere vissuta, ricomincia.   
* Figlio di Giacomo Nasatti, Presidente della Federazione del nastro Azzurro di lecco, alpino
info: quaderni.cesvam@istitutonastroazzurro.org
segue con posto in data 20 agosto 2020