Nel
mese di maggio si svolse a Parma un processo voluto personalmente da Mussolini dal 22 al 24 maggio 1944. contro l’amm. Iginio Campioni e l’amm. Luigi
Mascherpa per “essersi opposti ai tedeschi” in Egeo, e contro l’amm. Priamo
Leonardi, per la resa della Piazzaforte di Augusta (luglio 1943) e l’amm. Gino
Pavesi per la resa di Pantelleria (giugno 1943). Un attacco di una formazione
partigiana al carcere aveva dato la possibilità a Mascherpa e a Campioni di
fuggire, ma essi si rifiutarono, ritenendo di avere fatto il proprio dovere.
Pavesi e Leonardi erano contumaci essendo prigioneri degli Alleati. Precedentemente Il 12 maggio 1944
si era svolto un analogo processo contro gli ammiragli Pellegrino Matteucci e
Franco Zannoni, rispettivamente comandanti della piazza marittima di Tolone e del
Dipartimento marittimo dell'Alto Adriatico, vennero prosciolti perché si
dovette riconoscere che avevano accolto l’armistizio in modo passivo,
senza opporre resistenza ai tedeschi.
L’istruttoria fu affidata ad un certo Vincenzo Cersosimo, che
praticamente non ci fu.[1] Campioni e Mascherpa era
Senatori del regno d’Italia e questo loro titolo li sottraeva alla giustizia
ordinaria. Potevano essere giudicati per l’accusa di alto tradimento solo dal
Senato del Regno.
Senza
basi giuridiche, furono tutti condannati a morte. Fucilati Campioni e
Mascherpa, gli altri erano contumaci. Campioni prima di morire ebbe a scrivere
“bisogna saper offrire in qualunque
momento la vita al proprio Paese, perché nulla vi è di più alto e più sacro
della Patria”.
La
RSI perse ulteriore credibilità presso l’opinione pubblica, giudicando questo
processo e la sua conclusione un vero e proprio omicidio motivato solo da
rancore e vendetta e volto a addebitare al altri le proprie colpe. Mussolini
voleva dimostrare che la Regia Marina era la vera responsabile della sconfitta.
Insieme a quello di Verona, in cui voleva additare il colpevole del crollo del
fascismo, che si concluse con la fucilazione di Galeazzo Ciano e di altri
gerarchi fascisti, l’11 gennaio 1944 fu un terribile sbaglio da parte di
Mussolini, che lo sminuì sia di fronte ai tedeschi, che di fronte ai fascisti e
soprattutto di fronte agli italiani. Questi processi, intesi da chi li aveva
voluti come prove di risolutezza, furono interpretati per quelli che erano:
addebitare ad altri le proprie colpe ed i propri errori.
Nell’assunto
che noi proponiamo il IV Fronte, la resistenza dei militari italiani
all’estero, in questo caso nell’Isole dell’Egeo, si salda con il I Fronte,
nella lotta contro la coalizione hitleriana , di cui la RSI faceva parte, in
cui non vi è parvenza di rispetto di diritto.
[1]“«L'istruttoria, condotta dal
giudice Vincenzo Cersosismo, procedette a passo di carica. Gli interrogatori
degli imputati furono sbrigativi. La ricerca di prove quasi inesistente. (...)
C'era in Cersosimo una volontà preconcetta: ai suoi occhi erano colpevoli e
basta. Nessuna giustificazione, anche legittima, lo scuoteva nei suoi
convincimenti. (...) "Questo processo" disse con grande coraggio
l'avvocato Bazini "in realtà non esiste: manca assolutamente di base
giuridica, è illogico, assurdo". Tocca poi all'avvocato Toffanin difendere
Mascherpa. Dimostrò lucidamente che l'ammiraglio non poteva non attuare gli
ordini ricevuti dal Comando Supremo, riconfermati poi dal governatore
dell'Egeo, e cioè da Campioni, da cui direttamente dipendeva. Era un soldato,
che da due anni combatteva nella sperduta isola di Lero, all'oscuro di tutti i
travagli politici della capitale. E come tale doveva obbedire agli ordini del
re e dei governi in carica. Il Pubblico ministero intervenne energicamente
contro l'avvocato, prospettando alla Corte la possibilità di una sua incriminazione
per apologia di reato. Il clima del processo, con le illegalità e le
intimidazioni, non poteva essere che quello di un Tribunale speciale» Vikipedia, voce “Processo agli Ammiragli”
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