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martedì 29 settembre 2015

Diario di Internamento di Ernesto Bonacini



















Tra le testimonianze degli Internati Militari Italiani emerge inedita quella contenuta nel diario di guerra e prigionia di Ernesto Bonacini.  Nato a Reggio Emilia nel 1923, si trasferì con  la famiglia ad Aprilia (LT) nel 1967, nella fase del suo sviluppo industriale, dove è deceduto nel 1999.
Partito nel marzo 1943 da Forlì per la Grecia non ancora ventenne, dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, rifiutando di optare per la collaborazione con i nazisti venne catturato dai tedeschi presso Atene ed internato nello Stalag IV B di Zeithain in Germania.
Ernesto aveva contratto in Grecia la malaria, a causa di un accampamento strategico del suo battaglione descritto nel diario  in un terreno paludoso , infestato dalla temibile zanzara anofele. Non erano state sufficienti le zanzariere  avvolte strette lungo tutto il corpo a proteggere i militari, consiglio dato loro dai superiori. Le zanzare attaccarono pesantemente  e nei giorni seguenti in moltissimi  subentrarono i sintomi inequivocabili della malattia. Venne quindi ricoverato in un ospedale militare ad Agrinion, dove la malaria regredì dalla fase acuta. Ancora convalescente, apprese in quel contesto la notizia dell'armistizio arrivata via radio alle ore 20 dell'8 settembre attraverso il messaggio del maresciallo Badoglio.
Nel diario di Ernesto sono descritti “in diretta” anche quei momenti determinanti per la sorte dell'Italia .
”Che avverrà di noi, che non siamo che una massa amorfa?”: ecco l'angosciante interrogativo che subito  si pose Ernesto dopo la notizia dell'armistizio.
Infatti, nonostante l'incosciente primo momento di felicità per quella che si riteneva la fine del  conflitto, si apriva  una delle fasi più dolorose della storia della nostra Italia.
Ernesto continuò la scrittura del diario nel lager fino alla fine della guerra.  Riuscì a nasconderlo, sottraendolo con abilità alle numerose ispezioni del suo zaino che avvenivano soprattutto nei trasferimenti di campo e nelle frequenti ispezioni delle baracche.
Il diario é ora un insieme di fogli ingialliti, rilegati dallo stesso Ernesto in quei momenti alla bene meglio con un cordino, ma ancora leggibili abbastanza chiaramente. Lo conservò gelosamente nel proprio comodino a fianco del letto, avvolto in fogli di un vecchio giornale, non permettendo  a nessuno di leggere quali sofferenze  avesse provato nella sua esperienza di guerra e  prigionia.
Solo dopo la sua morte la figlia, con grande emozione,  ne ha potuto leggere il contenuto.
Sono pagine toccanti, che rivelano quelli che furono i sentimenti dei giovani del suo tempo ,che partirono per il fronte intrisi di quei valori di Patria che con l'evolvere della guerra si trasformarono amaramente  nella consapevolezza di essere stati solamente pedine innocenti in folli strategie di guerra.
Il diario di Ernesto è stato recentemente trascritto integralmente dalla figlia Elisa, che sta valutando
la possibilità di una sua prossima pubblicazione.
La figlia Elisa spiega: “È banale descrivere quale emozione ho provato nel leggere quei fogli di carta sbiadita. Giorno per giorno ho vissuto con lui quei momenti. Non immaginavo quanto dolore e sofferenza fisica e psicologica avesse dovuto subire a Zeithain: il dolore per la morte dei compagni, la malattia, il lager, la fame, gli stenti, la fatica per il duro lavoro, la paura di morire ed anche i tradimenti di coloro in cui aveva riposto la sua fiducia.
È quest'ultimo forse il dolore più grande, quello che vede, a causa degli stenti, la degenerazione morale  dell'essere umano, il fratello contro il fratello.
Sempre più emerge dal diario questa amarezza, che si intreccia dolorosamente con l'infrangersi di quei valori, di quegli ideali che a suo tempo gli erano stati trasmessi”. 

(seguono alcune pagine del diario, relative all'8 settembre ed ai primi giorni successivi)









venerdì 4 settembre 2015

Temi di Ricerca: l'annessione al reich di territorio italiano Trieste e il Distretto Adriatico

  1. Internamento. Trieste. Risiera di San Saba.

Uno degli aspetti più significativi  della dipendenza integrale della Repubblica Sociale Italiana, che i tedeschi consideravano allo loro strette e dirette dipendenze, in attesa della vittoria finale, dopo la quale tutta l’Alta Italia sarebbe stata annessa al Reich, ripristinando i confini del tramontato Imperial Regio Governo Austro-Ungarico è dato dalla esistenza in territorio italiano di un campo di concentramento. Norma ferrea emanata dai vertici nazisti è che i campi di concentramento dovevano essere costruiti in territorio del Reich e non nei territori occupati. Fossoli, ad esempio, essendo in territorio occupato, non era un campo di concentramento, ma solo un campo di transito.

Questo per salvaguardare il segreto; infatti, una volta terminata la guerra e raggiunti gli obiettivi della purezza ariana, tutte le tracce ed i testimoni dovevano essere cancellati. La perfidia nazista non ha mai avuto limiti. Se un campo di concentramento è a Trieste, vuol dire che Trieste, città tanto cara agli Asburgo ed al mondo tedesco, voleva dire che era in territorio del Reich. La ricerca dovrebbe svilupparsi in modo da approfondire,  attraverso San Sabba, i rapporti tra RSI e Reich Tedesco. Documentazione in www.internamentoereticolati.blogspot.com. Contatti: prigionia@libero.it