Nel giugno del 1942, all’età di 20
anni, sono partito per il servizio militare; ho preso il treno alla stazione di
Sibari, in provincia di Cosenza, e sono arrivato alla caserma di Lecce.
Per via della guerra, (seconda guerra
mondiale), sono stato mandato, insieme al mio reggimento, in missione a
Patrasso, in Grecia. Da combattente ho attraversato il vasto territorio di
questo paese a piedi, dal 1942 al 1943, fino quando, raggiunto l’Armistizio il
6 o 7 di settembre del 1943, sono stato fatto prigioniero dai tedeschi e
condotto in Germania, con altri 4000 soldati circa di varie nazioni. Viaggiammo
su un treno di bestiame talmente sovraccarico da avere bisogno di due
locomotive per essere trainato. Il treno non attuò nessuna fermata durante il
lungo e infernale viaggio, ricordo che non riuscivamo nemmeno a muoverci e
l’odore all’interno del vagone era nauseabondo. Ci avevano detto che ci avrebbero
riportati in Italia, ma non fu così.
Quando giungemmo ai confini dell’Italia
un Sergente Maggiore della Sicilia si rese conto che il treno si stava
allontanando dal nostro Paese per dirigersi verso la Germania.
Arrivati in Germania, ad una stazione, il
treno si fermò, non so per quale motivo, forse per fare rifornimento, ricordo
soltanto che qualcuno ha cercato di fuggire e furono fucilati davanti ai nostri
occhi dalle sentinelle tedesche. Poi siamo ripartiti per arrivare infine a
destinazione: non ricordo il nome della
città dove siamo stati condotti, ma ho nitida l’immagine del campo che ci
attendeva, si chiamava il campo B.
La notte dormivamo nelle baracche di
legno, in lunghe camerate freddissime con una coperta sottile che doveva
servire a ripararci dal ghiaccio notturno: in molti si ammalarono di bronchite
perdendo la vita. La mattina venivamo svegliati dalle urla dei soldati tedeschi
e a stomaco vuoto venivamo portati nei campi di lavoro, dove restavamo per ore
sotto l’acqua e la minaccia dei fucili tedeschi. Questo per sei mesi circa.
Eravamo più di 4000 detenuti. Dopo 6 mesi fui trasferito insieme ad altri
detenuti, 10 italiani ed un’olandese, a Triebes, perché ritenuti più esperti
nel lavoro. Uno dei detenuti con cui sono stato trasferito si chiamava Ciardi
Ciardini, un toscano che abitava, in Italia, in via pistoiese nr.11, a Prato
vicino Firenze. A Triebes dormivamo a lineden strass nr. 6,
vicino all’ abitazione di una vedova: Irmergard Martin. A Triebes ci hanno fatto scavare un tunnel di 50-60 Km
di lunghezza, 5 mt di profondità e 3 di
larghezza, che andava da una fabbrica all’altra (la Brabbak); lavoravamo di
notte, in condizioni animalesche con pioggia, fango, freddo e fucili puntati
sempre addosso. La mia prigionia a Triebes è durata per due lunghissimi anni,
dove mi hanno fatto fare qualsiasi tipo di lavoro: dalla riparazione delle
strade, al rifacimento dei ponti distrutti dai bombardamenti, dalle recinzioni
dei campi di concentramento, alle pulizie dei bagni, fino ai lavori privati dei
militare tedeschi.
Nel 1945 fui salvato per miracolo
dagli Americani, i quali mi hanno sfamato per 40 giorni, in quanto alla mia
liberazione (come la maggior parte dei prigionieri) versavo in condizioni
fisiche precarie, pesavo infatti solo 33 kg.
Il 15 Giugno del 1945 sono rientrato in Italia,
e dopo solo un mese di permanenza a casa, sono stato richiamato dallo Stato
italiano e mandato a Sannicandro, Bari, per un altro anno di vita militare.
Chi avesse ulteriori informazioni su questi avvenimenti è pregato di inviarle a ricerca23@libero.it
Nessun commento:
Posta un commento