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domenica 9 ottobre 2022

Compendio 1945. Il fronte dell'Internamento. Il terzo anno. II parte

 Progetto

Dizionario minimo della Guerra di Liberazione

Con l’inizio dell’anno nuovo si ebbe in Germania la conferma, dopo il fallimento della offensiva delle Ardenne, sul fronte occidentale, che la guerra era perduta. Mentre ad oriente l’Armata Rossa avanzava con progressione sistematica verso i confini orientali del Reich, ed il 27 gennaio 1945 libero il campo di Auswitch, situato in territorio dell’ex-Polonia, la speranza dei nazisti non era di vincere la guerra, ma di avere la possibilità di sopravvivere con una pace separata con il mondo occidentale, era ormai ridotta al lumicino. A Berlino si sperava in questa soluzione diplomatica perché non ci si capacitava che Waschington ma soprattutto Londra permettessero alla Unione Sovietica di penetrare così in profondità nel centro dell’Europa. Che vittoria sarebbe stata, per gli Alleati, avere una Germania distrutta e i sovietici padroni di quasi tutta l’Europa? Una speranza che ogni giorno che passava si rilevava sempre più inconsistente, ma che alimentava le forme di resistenza estreme. Questa speranza di un rivolgimento delle alleanze, con gli Alleati che si univano ai nazisti per far indietreggiare i Sovietici spingeva ogni nazista a combattere fino all’estremo, anche se si combatteva senza speranza alcuna. Mentre al fronte, sia quello orientale che quello occidentale, i soldati combattevano solo per sopravvivere, il fronte interno si vitalizzava e compattava ulteriormente. Le autorità centrali emanarono direttive sempre più drastiche e draconiane, dando un potere illimitato alle autorità regionali e locali, che tra l’altro, le interpretavano in modo sommario ed arbitrario. Nei volumi precedenti abbiamo accennato che gli Italiani, nella considerazione dei tedeschi in genere, e quindi anche delle Autorità di qualsiasi livello, nella scala del disprezzo, dell’odio, della considerazione e del rispetto verso gli “stranieri” erano al di sotto di tutti, si potrebbe dire quasi  anche al di sotto delle persone di razza slava in genere, e dei russi in particolare.    

 

Questo aspetto, sommando tutti i fattori, contribuì nei mesi di marzo ed aprile 1945, per gli Italiani in Germania, ma non solo per loro, a creare quello che abbiamo indicato come “l’inferno nell’inferno”.  Furono mesi terribili, aggravati ancor più del fatto che si aveva la percezione che la guerra, e con essa tutte le sofferenze, stesse per terminare.

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