Progetto
Dizionario minimo della Guerra di Liberazione
Con l’inizio
dell’anno nuovo si ebbe in Germania la conferma, dopo il fallimento della
offensiva delle Ardenne, sul fronte occidentale, che la guerra era perduta.
Mentre ad oriente l’Armata Rossa avanzava con progressione sistematica verso i
confini orientali del Reich, ed il 27 gennaio 1945 libero il campo di Auswitch,
situato in territorio dell’ex-Polonia, la speranza dei nazisti non era di
vincere la guerra, ma di avere la possibilità di sopravvivere con una pace
separata con il mondo occidentale, era ormai ridotta al lumicino. A Berlino si
sperava in questa soluzione diplomatica perché non ci si capacitava che
Waschington ma soprattutto Londra permettessero alla Unione Sovietica di
penetrare così in profondità nel centro dell’Europa. Che vittoria sarebbe stata,
per gli Alleati, avere una Germania distrutta e i sovietici padroni di quasi
tutta l’Europa? Una speranza che ogni giorno che passava si rilevava sempre più
inconsistente, ma che alimentava le forme di resistenza estreme. Questa
speranza di un rivolgimento delle alleanze, con gli Alleati che si univano ai
nazisti per far indietreggiare i Sovietici spingeva ogni nazista a combattere
fino all’estremo, anche se si combatteva senza speranza alcuna. Mentre al
fronte, sia quello orientale che quello occidentale, i soldati combattevano
solo per sopravvivere, il fronte interno si vitalizzava e compattava
ulteriormente. Le autorità centrali emanarono direttive sempre più drastiche e
draconiane, dando un potere illimitato alle autorità regionali e locali, che
tra l’altro, le interpretavano in modo sommario ed arbitrario. Nei volumi
precedenti abbiamo accennato che gli Italiani, nella considerazione dei
tedeschi in genere, e quindi anche delle Autorità di qualsiasi livello, nella
scala del disprezzo, dell’odio, della considerazione e del rispetto verso gli
“stranieri” erano al di sotto di tutti, si potrebbe dire quasi anche al di sotto delle persone di razza
slava in genere, e dei russi in particolare.
Questo aspetto,
sommando tutti i fattori, contribuì nei mesi di marzo ed aprile 1945, per gli
Italiani in Germania, ma non solo per loro, a creare quello che abbiamo
indicato come “l’inferno nell’inferno”.
Furono mesi terribili, aggravati ancor più del fatto che si aveva la
percezione che la guerra, e con essa tutte le sofferenze, stesse per terminare.
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