Breve Storia di una famiglia in fuga durante la guerra.
Camilla Filipponi,
Studentessa, Anni 18, VF,
Si chiama Angelo Di Cave ed è
di religione ebraica, all’epoca dei
fatti la famiglia era composta da padre, madre e tre sorella più grandi. Vivevano
a Velletri ( in provincia di Roma, nell’area dei Castelli Romani), dove il padre, insieme al fratello, avevano avviato due
grandi negozi di tessuti e abbigliamento, una fabbrica di mobili con 3 grandi
magazzini e una fabbrica di reti per letti.Erano quindi una famiglia molto
agiata, pur facendo una vita molto semplice a causa naturalmente della guerra.
Quando furono promulgate le leggi
razziali, le sue sorelle
furono espulse dalla scuola statale, nonostante avessero ottimi voti, mentre
lui iniziò privatamente la prima elementare.
Il fascio concesse al padre alcune piccole
deroghe in quanto più volte ferito nella guerra del 1915/1918. Rinunciò alla pensione di invalidità, in quanto sosteneva
che dopo la guerra, la patria aveva più
bisogno di lui, che lui dei loro soldi
ed è per questo che rinunciò ad ogni
piccolo privilegio che veniva concesso dallo Stato perché non voleva servirsi
dei loro favori, l’unica cosa che avrebbe voluto era la libertà. A Giugno del
1943 si trasferirono tutti insieme presso la famiglia dello zio, nella villa in campagna
sempre fuori Velletri, perché l’aviazione Inglese bombardava
incessantemente il centro del paese in quanto la cittadina era un’importante
stazione ferroviaria, usata dai tedeschi per lo scambio delle truppe. I primi
giorni del mese di settembre dello stesso anno, il commando tedesco di Roma stabilì che la
Comunità Ebraica doveva versare 50 kg di oro in cambio della non
persecuzione e deportazione degli ebrei romani. Grazie anche alle offerte di molti cattolici
riuscirono in tre giorni a raccogliere i 50 kg di oro e consegnarli ai Tedeschi, i quali riconfermavano quanto da
loro promesso. Dopo circa un mese da questi fatti, alle ore 5,00 della mattina
del 16 Ottobre, anche gli ebrei romani
furono strappati dalle loro case e dai loro parenti senza distinzione tra uomi,
donne, bambini, neonati e anziani. Durante questo triste rastrellamento, furono presi i suoni nonni materni ( la nonna
morì prima di arrivare in Germania,
mentre in nonno di professione giornalista, riuscì a sopravvivere per alcuni
mesi nel campo di sterminio di Auschwitz , dove poi fu ucciso nelle camere a gas) , poi
furono prese le sorelle del padre con i mariti e quattro figli di otto,sei,
quattro e due anni. Successivamente
presero il fratello sempre del
papà con la moglie e le bambine di tre e due anni, i due zii della madre ed infine altre undici
persone di famiglia. Di tutte queste
persone elencate, nessuno è tornato dai
campi di concentramento. Fortunatamente tutta la sua famiglia si salvò, nonostante questi lunghi e interminabili nove
mesi di fughe e persecuzioni, furono
costretti a continui spostamenti, sempre sparsi per le campagne di Velletri. Ricorda
che trascorsero 25 giorni in una grotta
insieme con altre 40 persone di
Velletri, di cui alcune gravemente ferite, altre molto malate, naturalmente tutto ciò
senza ricevere le dovute cure. In questi giorni vissuti al buio e freddo, non
avevano niente dove potersi
riposare, infatti la
notte dovevano dormire sdraiati a terra come bestie, nell’umidità e nella
sporcizia, non potevano uscire a cercare
cibo perché la grotta si trovava in un
luogo situato tra le truppe tedesche, posizionate a circa 300 metri di fronte, e le truppe americane posizionate alle loro spalle a circa un chilometro, i due
schieramenti si sparavano giorno e notte ininterrottamente, finchè un giorno, le truppe americane riuscirono a colpire la posizione
tedesca,ma si allontanarono senza liberarli. Durante questi 25 giorni sia lui che la sua famiglia soffrirono la
fame, è ciò che ricorda tristemente, ma solo oggi, a distanza di
anni lo giustifica, fu il fatto che allora, ognuno
pensava solo a se stesso . Infatti anche
se alcune delle persone presenti con lui
nella grotta avevano da mangiare, queste non lo divisero con nessuno, perché in
quei terribili giorni, non si sapeva che
fine uno avrebbe fatto, non sapevi quanto dovevi stare nascosto, non sapevi se ti avrebbero liberato gli americani o saresti stato catturato dai tedeschi, quindi
dovevano sopravvivere con quel poco da
mangiare che avevano, quindi si viveva alla giornata. Per concludere questa breve storia, la quale credo
sia servita ad offrire un ulteriore
testimonianza degli stati d’animo di quel periodo i quali hanno segnato la
storia Italiana e non solo, il Sig. Di Cave ricorda che Velletri fu distrutta al 90%, e tutto ciò che
possedevano tra le aziende e le case, fu distrutto dai bombardamenti e saccheggiato.
Loro per i primi mesi post-guerra riuscirono a sopravvivere grazie all’aiuto di alcuni parenti che vivevano a
Roma, e che fortunatamente erano riusciti a salvare
almeno la casa.
Roma 29 gennaio 2013, in occasione
della Giornata della Memoria alla “Colomba Antonietti”
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