L’approccio
della Germania nei confronti della guerriglia
ed alla guerra per bande
Massimo Coltrinari
Ogni Paese invaso ed occupato dalla Germania nazista ha dato vita alla
sua Guerra di Liberazione. In pratica in tutti i territori occupati si sviluppa
un movimento di resistenza e di opposizione alla Germania, alla sua ideologia
ai suoi metodi che permette parlare di coalizione antihitleriana Sulla base del
collaborazionismo, la
Germania aveva instaurato una serie di rapporti ed istituzioni
negli Stati invasi che si possono raggruppare nella coalizione hitleriana. Le
formazioni sorte non erano riconosciute dagli Stati nemici dell’Asse ed erano
combattute dai movimenti di resistenza locali. Una sintesi di queste formazioni
è la seguente:
Belgio, Alleanza Nazionale Fiamminga
di Staff de Clerq; Associazione d’Amicizia germano-fiamminga; “rexismo” di Leon
Degrelle;
Birmania, Partito Wunthann, di
ispirazione buddista
Cina, governo filogiapponese di
Nachino diretto da Wang Tsing Wei, che tra l’altro dichiara la guerra agli
anglo-americani.
Croazia, Ustascia con a capo Ante
Pavelic, capo del governo del regno di Croazia la cui corono fu offerta ad un
Principe di casa Savoia; Volkdeutsche, minoranza etnica tedesca con a capo
Branimir Altgayer.
Danimarca, Partito Nazionalsocialista dei
lavoratori Danesi, che riesce a formare anche una Legione SS volontarie di soli
danesi.
Estonia, Consiglio territoriale estone,
con a capo Hjalmar Maesa e sostenuto e composto dalla Associazione dei
Combattenti dei Corpi Franchi (WABSE)
Filippine, Il governo presieduto da Josè
P.Laurel, appoggiato dai giapponesi, proclama l’indipendenza e dichiara guerra
agli anglo-americani.
Francia, Il Regime di Vichy fu
certamente collaborazionista sotto la presidenza di Pierre Laval e la
successiva occupazione tedesca di tutto il paese. Le forze apertamente
collaborazioniste furono il Parti Populaire Français di Jacques Dorit, il parti
Franciste di Bucare, il rassemblement National Populaire di Marcel Deat. Per il
periodo giugno 1940 aprile 1942 lo Stato Francese fu sotto la presidenza del
Maresciallo Petain e si discute ancora oggi se questo Stato debba essere
considerato indipendente oppure collaborazionista.
Grecia, Il governo filotedeschi del
generale Tsalakoglou.
India, Si costituisce a Singapore il
21 ottobre 1943 un “Governo dell’India Libera” con a capo Subas Chandra Bose,
leader nazionalista. Questo governo dichiara guerra alla Gran Bretagna e USA.
Riesce a costituire un esercito indiano di 30.000 denominato 2Esercito nazionale
Indiano”, che viene impiegato accanto ai Giapponesi. Il territorio indiano non
verrà mai occupato dalle forze dell’Asse.
Italia, Mussolini proclama la Repubblica Sociale
Italiana il 23 settembre 1943 (vds)
Indonesia, Ahmed Sukarno è a capo di un
Consiglio Consultivo Centrale che collabora con i Giapponesi e proclama
l’indipendenza dall’Olanda.
Lettonia, Il generale Dankers è a capo
del Direttorio Generale Lettone; E’ attivo il Movimento delle Croci di Tuono
(Perkonkruts) che arruola volontari per le SS.
Lituania, Vengono formati battaglioni di
SS Polizie al comando del generale Kubilionunas.
Malesia, Unione Malese e Movimento della
Gioventù Malese
Nordafrica francese, Al
comando di El Moadi si forma una legione Nord Africa di circa 550 giovani
algerini che si affianca ai tedeschi. Nella Deutsche-Arabische Truppen, nella
Falange Africana e nella divisione SS Handschar si arruolano alcune migliaia di
tunisini.
Norvegia, Si insedia il governo
presieduto da Vidkun Quisling. Il nome di Quisling diviene nel linguaggio
comune sinonimo di Collaborazionista.
Olanda, Anton Mussert è a capo di un
Movimento Nazionalsocialista Olandese che spera di costruire una "Grande
Olanda”. I volontari olandesi nelle SS tedesche sono il gruppo più consistente.
Palestina, Hadj Amin el Hussein, Gran
Mufti di Gerusalemme da Berlino lancia un appello alla guerra santa dei
mussulmani contro i giudei ed i bolscevici. La Palestina non viene
occupata dalle Forze dell’Asse.
Romania, A. Schmidt capeggia i
Voldeutsche romeni
Russia, Il generale Andrei Vlasov, già
prigionieri dei tedeschi, costituisce un Comitato Russo Anticomunista. Forma un
esercito che combatte a fianco dei tedeschi. Il generale Pietr Krasnov,
costituisce una Armata Cosacca che viene nel 1944-45 inviata nella Carnia e nel
Friuli orientale in funzione antipartigiana.
Serbia, opera il partito Fascista
serbo con a capo Liotic che sostiene il governo Nedic filotedesco.
Slovacchia, F. Karmasin, agente della
Germania, guida i Volkdeutsche slovacchi
Slovenia, Opera il governo del generale
Rupnik
Ucraina, Operano i Consigli Nazionali
Ucraini e la
Organizzazione di Liberazione Ucraina. Attivo è il
reclutamento per le SS e per le unità ausiliarie dell’esercito Tedesco
Ungheria, Agisce il movimento delle Croci
frecciate di Ferenc Szalasi, che nell’ottobre 1944 divine capo del Governo.
Franz Basch è a capo della Lega Nazionale dei tedeschi. Può sembrare un arido elenco, ma tutte queste
formazioni collaborazioniste furono
combattute da movimenti di liberazione nazionali.
L’approccio della Germania nei confronti della
guerriglia ed alla guerra per bande
Se si vuole analizzare gli
aspetti riaurdanti il secondo fronte, ovvero la guerra partigiana condotta nel
Nord Italia, occorre fare una riflessione su come la Germania, e di
conseguenza, i Nazisti, affrontarono e considerarono, soprattutto da un punto
di vista dottrinale e concettuale, quello che nell’anteguerra si chiamaba
“guerra per bande” o “guerriglia”, e che poi nel secondo dopoguerra assurse al
nome di “movimenti di Resistenza”.
E’ fondamentale questo
passaggio per capire come mai i tedeschi in generale, ed i nazisti in
particolare, si crearono così tanti nemici non in divisa, in tutti i paesi che
occuparono e comprender eperchè non riuscirono, nonostante i vari governi
collaborazionisti, a neutralizzare o ridurre al minimo i fenomeni di
ribellione, fenomeni che sempre is manifestano quando di attua un regime di
occupazione militare di territori di Stati militarmente sconfitti in battaglia
o in guerra. E’ un aspetto che riserva molte sorprese ed è poco studiato.
Qui si può fare solo un accenno ai rapporti tra gli occupanti tedeschi, le
popolazioni occupate, i movimenti di resistenza ed i collaborazionisti. Mentre,
ad oltre 60 anni dalla fine della seconda guerra mondiale, vi è una vasta
podruzione scientifico-letteraria sugli eventi della guerra di liberazione, che
hanno sudiato a fondo gli aspetti della lotta partigiana, lo sfruttamento, le
atrocità, le violenze, i sopprusi che hanno punteggiato la occupazione sia
nazista che giapponese, e le vicende connesse con l’attività parallela dei
collaborazionisti, poco o nulla è stato approfondito 3 studiato su come era
organizzata l’attività repressiva germanica, quale evoluzione ha avuto nel
corso della guerra, anche frutto delle esperienze acquisite sul campo, quale
funzione avessero al suo interno le violenze, le rappresaglie, le atrocità, che
necessariamente non erano fine a se stesse, almeno in linea di principio.
E’ evidente che non può essere
accettato il semplice fatto che i Tedeschi adottassero questi sistemi di
violenza, ricorrendo ad ogni sorta di crudeltà verso le popolazioni occupate e
sostanzialmente inermi, non solo in Italia ma in tutta Europa compresa la Russia perche “cattivi” o
ubbedienti ciecamente ad un “pazzo”. Troppo semplicisticoe superficiale. I
Tedeschi così rappresentati non possono essere “veri” ed il loro regime di
occupazione sostanzialmente un brutto periodo da dimenticar ein fretta.
Questa percezione è da respingere perché non è
ipotizzabile pensare all’apparato poliziesco- repressivo germanico-nazista come
semplicemente una formidabile macchina di violenza ed atrocità, a cui si
contrappone in modo statico e, spesso nelle rievocazioni degli ultimi decenni,
apologetico apparato partigiano, tutto virtù ed idealità, teso alla vittoria
del bene sul male. Questo approccio sottovaluta e sottostima la capacità
reattiva, di elaborazione dottrinale, di evoluzione dell’impiego delle forze,
e, in sintesi, della capacità innovativa della lotta antipartigiana nazista.
Perché se si accetta questo ne discende , in definitiva, che tutti i movimenti
partigiani siano sottostimati e, in pratica, li si denigri nella sostanza, non
riconoscendone i meriti.
E’ necessario, quindi,
riproporre un quadro dinamico e e dialettico della azione condotta dai
protagonisti della Guerra di Liberazione, soprattutto quelli che hanno dato
vita al movimento partigiano, che noi consideriamo come Secondo Fronte. Questo
anche al fine di sottolineare, ancora una volta, che il movimento partigiano
non è stato condotto da una sola parte ma da tutte quelle componenti, politiche
e non politiche della nostra società che non accettavano imposizioni, violenze
e quant’altro i Tedeschi imponevano.
Ed ancor più per sottolineare
con maggiore energia le varie categorie di lacerazioni che l’occupazione
tedesca ha prodotto, e quale portata politico-sociale, economica, religiosa
abbiano avuto i successi del movimento partigiano.
Questo approccio, di studiare
l’azione tedesca in regime di occupazione, può aiutare ancor di più a
comprendere come nella mentalità, nelle scelte, nella essenza della ideologia
nazista, si può trovare la impossibilità di avere un qualsivoglia rapporto
positivo ed ottimale con le popolazioni occupate. E, conseguentemente, trarre
le conseguenze del caso in termini di adesione, di consenso e di aiuto da parte
delle popolazioni al movimento di partigiano, al distacco e all’allantonamento
dalle proposte germaniche e collaborazionistiche e, in termini più ampi, per
alcuni di apologia, di rimpianto, e di negazionismo più o meno esteso.
Non vi è lo spazio per uno
studio approfondito, ma alcuni cenni alla soluzione delle dottrine che hanno
guidato l’attività germanica in tema di attività di controguerriglia
exstraurbana può aiutare a comprendere alcuni capisaldi di quello che poi in
sostanza è il comportamento del “nemico” quando si parla di Guerra di
Liberazione.
Una rapidia presentazione dei
principali documenti, così come sono stati presentati ed elaborati dauna
ricerca edita dall’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito,
può dimostrare che la
Germania affrontò il problema della Guerriglia già in fase di
preparazione ad una guerra futura negli anni trenta. Si tratta di una
esercitazione di polizia del maggio 1936,
presentata sotto forma di un ordine di operazioni, in cui lo scenario
ipotizzato è di guerra totale, in cui occorre contrastare un ipotetico nemico
che opera nelle retrovie, in coordinazione con l’esercito regolare e
l’aviazione strategica, tramite bande irregolari. Lo scopo della esercitazione
è di eserciatre tutti i componenti la polizia ad affrontare queste bande
irregolari superando, anche d’iniziativa, conflitti di competenza e situazioni
di emergenza. Si deduce dal documento che l’azione is svolge su territori
nazionale e che i possibili nemici erano la Polonia e la Cecoslovacchia e
che le forze armate tedesche fossero sulla difensiva.
L’importanza di questa esercitazione sta nel fatto che già nel 1936 si voleva
preparare i quadri di polizia a fronteggiare attacchi di irregolari nelle
retrovie, in un quadro di guerra totale. Cardine fondamentale adottato
l’impiego brutale e spietato della forza laddove le necessità lo richiedevano.
Da questi elementi, ed altri che si possono scorgere nella esercitazione,
emerge il fatto che non è accettabile la tesi che la spirale di violenze
reciproche abbia portato la controguerriglia tedesca a livelli di crudeltà ed
efferatezza che sono noti in tutta Europa. Secondo Politi “è stato un fattore che ha soltanto facilitato l’esprimersi di una
attitudine mentale ricevuta in addestramento” da cui è facile
dedurre che è nella dottrina tedesca insito il fatto che la controguerriglia,
in quanto tale, deve avere i caratteri della efferetazza, della crudeltà e
della spietatezza, che trova ampio margine di accoglienza nella ideologia
nazista.
Il primo documento tedesco che
tratti di controguerriglia sulla scorta di esperienza belliche è del 22
settembre 1941 ed è intitolato “Manuale per l’addestramento delle unità di
polizia riunite al combattimento di polizia”.,
in cui si può cogliere le direttive per il comportamento delle unità tedesche
nella fase iniziale della controguerriglia, con prevalenza per la difesa da
imboscate e la relativa reazione, più
che ad azioni per annientare il nemico partigiano.
I vertici tedeschi, dopo due
anni di guerra ormai avevano ampiamente affrontato il tema della lotta
antipartigiana, tanto che si arrivò ad un accordo tra la componete militare e
quella di polizia della Germania, ovvero l’accordo tra la Wehrmacht, rappresentata
dal gen. Wagner e il RSHA (Reich Sicherheitshauptamt – Ufficio Centrale per la
sicurezza del Reich),
rappresentato da Heydrich. L’accordo Wagner-Heydrich, sigliato il 26 marzo
1941, divideva le competenze nella lotta antipartigiana. La Wehrmacht era competente
per la lotto contro i partigiani a ridosso e sulla linea del fronte a contatto
con il nemico, l’SD
nel territorio retrostante con il compito primario di reperire, appena
conquistato il territorio, archivi e documentazione utile a individuare le
organizzazioni ostili al reich ed arrestandone i quadri, decapitando sul
nascere ogni forma di guerriglia già sul nascere. Le unita SD erano aggregate
ai grippi di Armate, da cui ne dipendevano logisticamente, ma erano ai diretti
ordini di Himmler per l’impiego. Unico punto di contatto operativo con la Wehrmacht era quello
informativo. L’accordo era sostanzialmente di natura politica, volto a dare
equilibrio di potere tra la
Wehrmacht e gli apparati di sicurezza del Partito Nazista;
sul terreno operativo, sommato alla scarsa consistenza degli organi dello SD, e
delle forze di retrovia della Wehrmacht, si rilevò pineo di lacune, lacune che
permesiero le azioni inziali delle forze partigiane sovietiche. Infatti questo
accordo era stato voluto proprio in funzone della invasione della Unione
Sovietica, che iniziò il 22 giugno 1941, in cui nella occupazione del territorio
operavano le due organizzazioni tedesche, però in modo parallelo.
Dopo quattro mesi di guerra,
l’esperienze acquisite furono raccolte in un documento del 25 ottobre 1941
“Direttive per la lotta antipartigiana” edito dall’OKH-Gen.St.d.H./Ausb.Abt
(Ia) n. 1900/41 e fu diffuso come testo
di istruzione ed addestramento tra le unità di polizia apartire dal 17 novembre
1941.
Il documento riprende i principi della esercitazione di polizia del
1936 è sottolinea che la lotta antipartigiana deve essere condotta dalle sole
forze di polizia, e si sottolinea che l’azione deve essere, dura, energica e
spietata, mentre persiste il fatto che i rapporti con la popolazione sono
sempre di scarsa importanza e posti sullo sfondo di ogni concetto espresso.
Con l’opuscolo “Waldkampf” (combattimento nei boschi),
dato 31 marzo 1942, edito dall’Oberkommando des Heres, in cui la lotta
antipartigiana è focalizzata sull’ambiente
operativo e sulle implicazioni che esso ha sulla azioni di contorguerriglia.
Questo documento è una ulteriore affinamento di quelli precenti ed è
estremamente preciso. Nei documenti
precedenti vari concetti erano espressi in modo generalizzato, qui si chiarisce
con precisione e chiarezza Ad esempio “gli
uomini colpevoli di fiancheggiamento partigiano nella famiglia e a volte
dell’intera stirpe vanno giustiziati. Le donne condotte in campi di
concentramento, i bambini nel reich e li esaminato il loro valore razziale. I
beni vengono confiscati” . Concetto che prima era confuso, ora chiarito in
modo definitivo.
I tedeschi impiegarono anche
unita controguerriglia, nella convizione che agendo con le stesse tecniche e
formazioni partigiane avrebbero avuto facilmente partita vinta. Si tratta delle
unità Jadgkommando,
letteralmente “distaccamento di caccia. Queste unità specializzate erano
composte, nella loro struttura organica,
di 39 uomini con una dotazione di
armi particolare
ed operavano in n ciclo di operazioni di 8-14 giorni di azione, 8 di riposo 3
di esercitazione per un toale di 10-25 giorni tra due inizi di operazione. Gli
obbiettivi erano chiari: l’annientamento del maggior numero di partigiani, la
scoperta dei reparti più consistenti, lo sconvolgimento della reta logistica e
organizzativa dei partigiani, la diffusione della insirucrezza tra le
formazioni nemiche, la creazioni di condizioni operative sempre più difficili.
La tattica era semplice: lo Jadgkcommando, di notte, occultato, si stabiliva in
una determinata zona, a piedi, percorrendo strade alternative. Acquisiva
informazioni , e per circa 72 al massimo aspettava che unità partigiana
cadessero nel tranello ed attacca, sfruttando l’elemento sorpresa usando le
stesse tattiche partigiane; poi si ritirava e lasciava la zona; se si imbatteva
in un reparto più consistente, non si impegna in combattimento, ma chiamava le
unità di polizia territoriali e si sganciava. Ma l’impiego dello Jadgkcommando
non diede i risultati sperati, anzi essi furono uno strumento che rese più
sanguinosa l’azione e la vittoria partigiana in quanto senza l’appoggio di una
azione politica tesa ad isolare il movimento partigiano dalla popolazione sotto
occupazione e di una propaganda tale ad acquisire il consenso, cose tutte
godute dal movimento aprtigiano, non si può sperare di eliminare qualsiasi
movimento partigiano. I tedeschi capirono, con l’impiego di queste unità, che i
sistemi di presidio, i grandi rastrellamenti ed i colpi di mano lasciano in
piedi il movimento partigiano e solo mettendosi sullo stesso piano dei
partigiani si può contrastare questa forma di lotta. Cosa che invece non riusci
ad esser capita dai quadri e dai dirigenti militari della Repubblica Sociale
Italiana nel loro contrasto al movimento partigiano.
Da notare, infine, che ai
Jagdkommando furono affiancati, nel sistema repressivo tedesco, unità
collaboratrici, ordinate organizzamene per meglio contrastare la guerriglia ed
avere unità aguli per la controguerriglia.
Interessante un altro
documento, “Der Kampf gegen die Partisanen”
in cui tra le tante cose affermate,
si riafferma il principio che la totta antipartigiana e spietata. Una volta
enunciato all’inizio “non si parlerà più
nel resto dello scritto del carattere selvaggio di questa lotta, ma non bisogna
trascurare che prima ancora delle qualità del combattente e dei suoi
comandanti, conta la sua durezza. E’ facile, guardando questi documenti
precdeneti, osservare la continuità di questo principio variamente espresso e
accentuato , ma ben presente. Finchè per spiegare la crudeltà dei tedeschi nei
paesi occupati si farà ricorso all’analisi delle sequenze di azioni partigianie
e rappresaglie tedesche, ci sarà sempre spazio per spiegazioni
irrazionalistiche le quali si appellano a oscure elucubrazioni sul fondo
barbarico del popolo tedesco, o altre con intenti giustificazionismi che
citeranno analoghe crudeltà partigiane oppure sosterranno che non era possibile
agire diversamente.”
Nella lotta antipartigiana i tedeschi
arrivarono ad impegare su larga scala anche la componente aerea,
la cui importanza è notevole in quando i suoi contenuti,
che qui non v è lo spazio di riportare, rappresentato i capostipiti delle
successive teorizzazioni post-belliche, compreso l’impiego degli elicotteri.
Da questi documenti si evince
un dato essenziale. La
Germania, nella seconda metà degli anni ‘30 dedicò studi e
riflessioni su come affrontare il fenomeno della guerriglia, in un quadro di
guerra totale. Coloro che erano proposti allo studio della guerra e come condurla,
cioè coloro che elaborarono la dottrina, non sfuggì questo aspetto, e non ne
sottovalutarono assolutamente il peso che una qualsiasi forma di guerra non
“convenzionale” avrebbe potuto avere in un grande conflitto come si andava
delinenando e come si sperava che andasse. Le riflessioni dei pensatori
tedeschi in quell’epocapartivano dal concetto che la componente partigiana non
fosse che una versione aggiornata dei Freikorps (o corpi franchi) che tanto
spazio ebbero all’indomani della Prima Guerra mondiale. Ma con questa
elaborazione vennero poste le basi
dottrinali, come ad esempio l’azione coordinata di tutte le forze
disponibili, ricorrendo anche alla terza dimenzione, per il contrasto e
l’annimetimento degli elementi componenti la guerriglia, o dir si voglia il
movimento partigiano. Emerge con sopresa, ma fino ad un certo punto, che la
elaborazione tedesca del contrasto al movimento partigiano come la formulazione
delle principali tecniche di rastrellamento, il corretto impiego della
aviazione, a quell’epoca l’elicottero non era così sviluppato da essere
impiegato a massa, la formazione di unita specializzate di controguerriglia,
sono la risultante delle esperienza maturate sul campo, specialmente nei
Balcani e in Russia. Nulla toglie alla validità di questa elaborazione,
ancorché inserita in un quadro politico-strategico da non accettare, alla
validità intrinseca dei criteri operativi e tattici adottati, tanto che si può
dire che essi riemergono con altre etichette, ma sostanzialmente immuati, negli
anni del primo dopoguerra in Algeria da parte delle truppe speciali francesi,
nella guerra di indipendenza alegerina e soprattutto in seno all’Esercito degli
Stati Uniti in Vietnam.
E’ importante sottolinearre
che questa documentazione permette di affermare che l’uso del terroe quale
mezzom intimiditario nella lotta antipartigiana vien previsto in funzione
antibande già prima che la guerra iniziasse; questo sgombra il campo da tutte
quelle asserzioni che è la guerra partigiana che alimenta la crudeltà eche i
tedeschi ne furono coinvolti e costretti. Il successivamente inasprimento della
guerra non farà che accentuare questa premessa di fondo. Questo si inserisce
nel tradizionale pugno di ferro che gli eserciti tradizionali europeo trattano
i combattenti irregolari ed i loro fiancheggiatori, specie nelle cosiddette
operazioni di pacificazione dopo la conclusione delle ostilità. E’ difficile,
nel comportamento dei tedeschi scindere quanto vi è nelle concezioni
terroristiche da essi applicate in funzione antipartigiana, appartengono al
patrimonio europeo della prassi politico-militare di repressione e quali sono
invece gli elementi specificamente nazisti. Il fronte orientale fu la fonte di
esperienze ed il terreno della elaborazione delle dottrine tedesche di controguerriglia,
con tutti il quadro di crudeltà e violenza che in quel fronte si andava
applicando. La elaborazione dottrinale si affina sempre più e raggiunge il
culmine nel 1944-1945.I
tedeschi apprendono che la controguerriglia si basa sulla parcellizzazione
delle forze e delle azioni, piuttosto che sulla concentrazione di esse nel
tempo e nello spazio. Queste devono essere decise e spietate e da qui la
puntule sequenza di atrocità in tutti i territori occupati dai tedeschi
Un particolare cenno occorre fare
alle rappresaglie. Queste nella coscienza collettiva nazionale rappresentato
ferite ancora non rimarginate. Ad ogni ricorrenza, nelle commemorazioni, spesso
ci si chiede perché tanta crudeltà. E’ un problema inquietante che la
rappresaglia solleva, ponendo grossi interrogativi alla coscienza umana, che
totalemtne la respinge, anche con accenti permeati di parole di ripugnanza,
dall’altro, se ci si mette nelle parti di chi subisce l’attacco partigiano e
guerrigliero, è una continua tentazione ricorre ad essa, per le possibilità che
essa offre per tentare di porre un freno al continuo stillicidio di perdite,
spesso innocenti ed apparentemente non coinvolte nella lotta, causate da nemici
inafferrabili e senza volto. E’ un aspetto che occorre tenere presente.
Ma nel affrontare la
descrizione del fronte nemico, la componente italiana della coalizione
hitleriana, ovvero la
Repubblica Sociale Italiana, non si può non tenere presente
come i tedeschi affrontavano gli oppositori loro e dei loro collaboratori,
ovvero i fascisti repubblichini, ovvero il movimento partigiano che noi abbiamo definto secondo
fronte.
Ma un elemento ulteriore
occorre sottolineare, forse il più importante, quale suggerito dalla
presentazione delle dottrine antiguerriglie tedesche. I successi in questo
campo hanno sempre una efficacia temporanea, non definitiva. I Nazisti, i
tedeschi in genere ed i loro collaboratori e sostenitori si accorgono che l
“Ordine Nuovo” attira qualche singolo, ma non dice nulla alle grandi masse, che
rimangono lontane. Più che azioni di antiguerriglia, necessita un grande piano
politico che attiri le masse, e su questo successo, si inerirebbe il movimento
aprtigiano; allora le azioni antiguerriglia, rivolte verso pochi, isolati dalla
popolazione, avrebbe successo definitivo. Ma questo piano politico non c’è, le masse rimangono lontano , ed il
solo antibolscevismo non basta, essendo solo un elemento negativo e non
propositivo. I Nazisti sembrano impotenti di fronte a questo dilemma. Allora lo
sterminio degli oppositori politici e la rappresaglia non diventano più una
inspiegabile aberrazione, ma una possibile soluzione. Sostiene Politi “quanto
essa sia logica e vantaggiosa dipende dal regime politico che la attua, dai
costi politici che comporta in una data congiuntura e dia metodi adottati. Le
tesi che sostengono si tratti di uan follia collettiva verificatosi sotto il
regime nazista o sono giustificazioni o tendono a ignorare che in tempi e situazioni diverse si sono usati i medesimi
sistemi. Per il nazismo fu una scelta logica e perdente.”
Ma per chi si alleò con i
Tedeschi e agì come collaborazionista nel loro regime di occupazione, non può
non essere importante chiedersi perchè le dottrine tedesche di controguerriglia
non abbiamo schiacciato in tutta Europa, e in Italia, i movimenti di
liberazione, pur essendo valide, significative ed efficaci, in quanto tuttora
ancora valide. Il fatto che non abbiamo raggiunto lo scopo ultimo, eliminare i
movimenti partigiani, lo devono non alla loro validià intrinseca, ma perché non
sorrette da un piano politico tale da coinvolgere le masse, ovvero non si può
imporre con la forza il proprio dominio, ovvero non si può ignorare il
principio fondamentale che senza l’aggregazione dei consensi i successi e le
misure di ritorsione sono sterili e controproducenti.
La Repubblica Sociale Italiana, rappresenta agli occhi dei tedeschi, lo
strumento ideale di gestione del territorio italiano sotto occupazione, ed ai
fascisti italiani vengono lasciati quegli spazi politici utili solo agli interessi
tedeschi; quando questi vengono minacciati, come la presena di un movimento
partigiano, allora si apllicano le dottrine tedesche di controguerriglia, così
come lo si è fatto in tutta Europa. I fascisti repubblicini, loro malgrado,
furono coinvolti in questa logica così come tutti i collaborazionisti della
coalizione hitleriana e se ne dovettero assumere tutte le responbaibiltà e
conseguenze.
Per l’Italia l’opposizione
alla azione germanica inizia l’8 settembre 1943 perché da quella data inizia
l’occupazione tedesca Dall’8 settembre 1943 la Germania non riconosceva
il Regno d’Italia con a capo il Re Vittorio Emanuele. Riconosceva la Repubblica Sociale
Italiana , che aveva favorito, e sostenuto fin dalla liberazione di Benito
Mussolini il 12 settembre 1943. Al momento della proclamazione dell’Armistizio la Germania riunisce i
dirigenti fascisti, quali farinacei, Tavolini, Ricci, il figlio di Mussolini
Vittorio,Preziosi per dar vita ad un governo provvisorio. La liberazione di
Mussolini da al governo provvisorio il suo capo carismatico. Il 23 settembre
1943 informalmente nasce la Repubblica Sociale Italia ( formalmente solo il 1
dicembre 1943), ed è riconosciuta solo da Giappone e dalla Germania. E’ una
repubblica totalmente asservita alla Germania: a riprova di ciò valga il fatto
che tutte le industrie vengono inserite nel meccanismo della produzione bellica
tedesca sotto il diretto controllo di commissari tedeschi (OZAV e OKAK). Il
tentativo di porre la
Capitale a Roma o nell’Alpenvoreland falliscono, in quanto
contrari agli interessi tedeschi.
Gli organi della repubblica sono disseminati
in varie località del Veneto e della Lombardia 8 Desenzano, Lago di Garda,
Bogliaco, Gargano, Milano, Brescia e Venezia ed è un altro fattore di
debolezza. Del potere stauale. Compito principale della repubblica è quello di
mantenere l’ordine pubblico e svolgere un ruolo di collegamento subordinato tra
l’amministrazione tedesca e la popolazione italiana.
Sul piano strettamente militare
tutte le operazioni sono pianificate e condotte dalla Wehrmacht, e gli organi
della Repubblica ne sono esclusi e quindi delegittimati, soprattutto non sono
in grado di impedire o porre un freno alle violenze dell’alleato contro la
popolazione civile.
Una delle principali iniziative
della repubblica, varata con provvedimento di legge nel febbraio 1944, peraltro
avversato dagli stessi tedeschi, fu la socializzazione delle imprese, ovvero la
gestione delle industrie attraverso una struttura d’impresa con la
partecipazione di operai ed altri soggetti produttivi. Si voleva, attraverso la
socializzazione, da una parte colpire l’alta borghesia che aveva “tradito” il
fascismo” dall’altra avvicinare le masse operaie al fascismo della repubblica e
creando attorno ad essa consenso ed adesioni. Il tentativo fallì sia per il già
citato opposizione dell’occupante, ma anche per il rifiuto pressoché totale
delle masse operai. Sono proprio del marzo 1944 i grandi scioperi nei maggiori
impianti industriali del nord. Scioperi che, oltre a far tramontare l’esperimento
della “socializzazione” sottolineano la grande distanza tra ampi strati della
popolazione e la dirigenza fascista repubblicana.
Chi doveva dare una base politica e sociale di adesione
doveva essere il partito fascista repubblicano,
alla cui guida assurse Alessandro Tavolini. Il partito tenne una sola
assise, a Verona nel novembre 1943 ove furono definiti, nel Manifesto di
Verona, i punti programmatici del
Partito, riassunti nello slogan
“Italia, Repubblica, Socializzazione”. Il partito fu diviso inizialmente
da una tendenza moderata, volta a cucire lo strappo con gli Italiani e una
linea oltranzista, di cui Tavolini era uno degli esponenti, che favoriva la
alleanza pedissequa con al Germania nazista, l’assorbimento integrale dei suoi
valori e l’estremismo repressivo e violento tipico del primo fascismo. Il
Direttorio del partito si riunisce una sola volta , nel marzo 1944 e ribadisce
la linea dura ed estremista. Si calcola che
si siano isciritti oltre 487.000 persone, che per lo più aderiscono
anche alle formazioni militari della repubblica. Nell’estate del 1944 il
partito si militarizza e da vita alle cosiddette Brigate Nere, in cui sono
arruolati tutti gli iscritti da 18
a 60 anni. Le Brigate Nere sono intitolate a caduti e non hanno gerarchia, un comandante e tutti
soldati, con gravissime ripercussioni sulla operatività e sulla disciplina.
L’impiego è sostanzialmente antipartigiano. Ma anche in questo campo vi è la
non adesione sperata se si calcola che nel complesso le Brigate nere non superarono
il totale di 20.000 uomini arruolati.
La struttura delle Forze Armate
della repubblica è complessa. La
Repubblica visse sempre il dissidio tra la concezione di
Renato Ricci, che sostiene che la repubblica debba dotarsi di una milizia
fascista, politicizzata e ben allineata sulle questioni ideologico-politiche, e
quella del maresciallo Graziani, Ministro della Difesa dal 23 settembre 1943,
che vuole un esercito nazionale apolitico. La soluzione di questo dissidio fu
un altro fattore di debolezza della repubblica: Graziani realizzerà un apparato
militare tradizionale sull’impronta del regio esercito, Ricci una nova
articolazione chiamata Guardia nazionale repubblicana, in cui confluiranno
elementi della disciolta Milizia Volontaria per la Sicurezza nazionale, i
Reali carabinieri ed elementi della Polizia Africa Italiana (PAI). Graziani
riesce a stipulare un accordo con i tedeschi, che si impegnano ad addestrare in
Germania quattro divisioni (Monterosa, Italia, San Marco, Littorio) e a dar vita a formazioni
tradizionali alimentate dalla leva obbligatoria. I Bandi Graziani per la leva
saranno uno dei fattori di non consenso della Repubblica: si presentaranno
circa la metà dei coscritti, l’altra per sottraesi andrà in montagna ad
alimentare le fila partigiane. Si arriverà a decretare la “pena di morte” per
chi non si presenta e, alternando minacce e blandizie ( il cosiddetto “Bando
del perdono”) si riesce ad arruolare oltre 44.000 giovani di leva che sommati a
13.000 uomini provenienti dai campi di intermanento in Germania saranno
l’ossatura dell’esercito voluto da Graziani, un Esercito prevalentemente
impiegato in funzione antipartigiana.
Nell’estate 1944, con la
destituzione di Renato Ricci, la Guardia Nazionale Repubblicana viene incorporata
nell’Esercito e ne divine la prima arma combattente. Con i suoi 94 comandi
provinciali ed un comando Generale la
GNR ricalca la struttura dell’Arma dei Carabinieri.
Nella repubblica Sociale
Italiana sorgono formazioni che non sono inquadrate nell’esercito e nella GNR,
ma sono autonome e riconoscono solo
l’autorità del Duce. La
Banda Carità, composta da 200 uomini circa, ricostituisce a
Firenze, per poi trasferirsi in Veneto a Padova. Fuori di ogni controllo svolge
con metodi crudeli e violenze inaudite
attività antifascista ed antipartigiana. Altra Banda è quella di Koch, ex
ufficiale, che opera a Roma composta da circa 70 elementi ed agisce con gli
stessi metodi della banda Carità. Trasferita a Milano (Villa Triste) compie
tali oscenità ed illegalità che sono gli stessi fascisti il 24 settembre 1944
ne decretano lo scioglimento con arresti
e condanne. Con attività più prettamente militari ma sempre con aspetti
violenti e creduli e sempre in funzione antipartigiana operano le Legioni.
La Legione “Tagliamento” al comando di Mario Zuccai ha sede
a Vercelli e poi in autunno il Valcamonica
ove si distingue negli attacchi alle posizioni partigiana del Mortirolo.
La Legione “Ettore Muti”,
al comando dell’ex Sergente Franco Colombo,sorta a meta settembre 1943
forte di 1400 uomini ed ha compagnie varie sedi, a Milano, nel cuneese, in
Valtellina, nel piacentino e in Valsesia ,
La decina Flottiglia Mas al comando del
principe Junio Valerio Borghese, che più che una formazione della RSI è una
formazione militare che decide, per opera del suo comandante, di staccarsi
dalla regia Marina e continuare la guerra accanto ai tedeschi sulla base di un
reciproco accordo. La decima Mas raggiungerà la con esistenza di circa 25.000
uomini organizzati in sei battaglioni. Uno di questi, il Barbarigo, tra marzo e
maggio del 1944 sarà impiegato nella testa di ponte di Anzio, unica formazione
fascista che entrerà in linea contro gli Alleati. Nella sostanza, come le
Legioni, la Decima
sarà impiegata in azioni di controguerriglia, macchiandosi anche lei di eccidi,
torture e rappresaglie.
Altre formazioni sono
l’Ispettorato Speciale polizia antipartigiana, circa 150 uomini organizzato dal
Questore di Brescia, Il reggimento Volontari friulani Tagliamento al comando
del Colonnello Zuliani, tutte formazioni
che si dedicano alla lotta antipartigiana con metodi brutali ed efferate
violenze.