di Alessa Biasiolo Durante i mesi di prigionia di Hitler, malgrado egli non fosse d’accordo, al suo partito si unirono i nazionalsocialisti, quindi, tornato in libertà, fondò il nuovo NSDAP al quale, nel 1927, si uniranno anche i nazionalsocialisti austriaci. Chiamato dal presidente Hindenburg alla carica di Cancelliere del Reich il 30 gennaio 1933, proprio Hitler aveva ridato alla Germania la speranza della restituzione del legittimo statuto, riportando al Paese quell’idea di ordine e di controllo delle situazioni che era tipico nei tedeschi del tempo, un ordine “giusto” senza cui non sarebbe stato possibile ristabilire i diritti di ragione dopo un trattato di Versailles così penalizzante per il popolo tedesco. La sorta di patto mistico che legò la Germania di Hitler nel Führerprinzip, fu l’espressione del profondo bisogno di un’intera generazione, identificato nel recupero del padre assente dalla casa per quattro anni e che era stato vinto. Hitler aveva costantemente sostenuto che quel padre umiliato, eroe nazionale tradito e venduto a potenze straniere da fantomatici nemici, soprattutto ebrei internazionali, ora, per l’inconscio collettivo dei figli di Germania diventava un mito politico degno di ogni sacrificio, perché permetteva di vendicarne l’onore e di riottenere per sé e per la Germania intera, passata e presente, l’onore perduto. Una sorta di ritorno all’infanzia ferita, più che un camminare verso la patria adulta. La stessa violenza perpetuata dai nazionalsocialisti sembra vertere a testimoniare a favore di un’immaturità preoccupante, che necessitava di rivincita, riconquista di sé, di certezza di essere degni di vivere, degni dell’essere tedeschi stesso. La stessa omosessualità così combattuta, negata, uccisa, era di fatto diffusa nei circoli dirigenti del partito nazionalsocialista, nelle Sezioni d’Assalto, tra Röhm e alcuni accoliti, tanto che divenne necessario uccidere Van der Lubbe, il preteso incendiario del Reichstag, assassinato infatti nel 1933 in Austria perché in possesso di documenti compromettenti non solo su Röhm, ma anche su altri capi nazisti. La pratica di santificare il capo, di chiedere che Hitler fosse visto come un padre da tutti, soprattutto dagli antinazisti, era pratica comune per creare e mantenere un mito necessario, non tanto per il popolo tedesco, ma in primis proprio per gli uomini del partito. Fu facile sfruttare il difficile momento di crisi attraversato dalla Germania all’indomani della terribile crisi di Wall Street che aveva riportato il Paese nella vergogna, nell’onta, nel terrore dell’umiliazione ancora, quando mancava il cibo e si vedevano svanire i sogni di risurrezione, non già al paradiso che fu nazista, quanto da quell’incubo che era sembrato senza fine all’indomani di Versailles. Il nazionalsocialismo aveva adeguatamente sfruttato la crisi, la nomea di tirchi dei banchieri ebraici ma, soprattutto, aveva giocato con le coscienze a proposito del rinnovato complotto ebraico contro la Germania, la sua evidente potenza e il suo diritto di dominare il mondo in nome della razza ariana. L’imperialismo, che gli storici concordano di fare finire con il 1914, di fatto non poteva sparire così facilmente, soprattutto per una nazione che, affacciatasi tardi per problemi interni sullo scenario colonialista/imperialista, voleva appropriarsi di quelle colonie, di quegli accordi commerciali che potevano garantire lavoro, prestigio, denaro. Ancora una volta umiliata, la Germania trovava in un discorso politico come quello di Hitler e dei suoi, convincenti argomenti per votare il partito, come avvenne. Il vuoto percepito dalla Germania dal 1918, era stato vissuto come una catastrofe inspiegabile per un popolo che non aveva subito alcuna disfatta sul proprio territorio nazionale. L’idea del complotto internazionale era pertanto l’unica spiegazione plausibile per una forma mentis che tendeva alla ragione, all’ordine, alla spiegazione dei fatti con ragionamenti logici e plausibili. A questo si aggiunge il mito del Terzo Reich. Secondo alcuni Autori, il mito origina come evoluzione di antiche credenze, soprattutto alla luce del fatto che molte formule della propaganda nazista sembrano assurde, ma acquisiscono un’altra luce, di un certa logicità, se inserite nella corrente dell’ottica del nazionalismo, non un vago patriottismo che si genera in un periodo di crisi, quanto una dottrina integrale che si sforza di prendere in esame tutti i problemi materiali, ma soprattutto morali e spirituali della nazione che viene considerata come qualcosa di assoluto, un valore supremo. Tutto questo venne considerato nella prospettiva ideologica del nazionalismo che finì per diventare una sorta di religione, mentre la nazione assumeva i contorni di una realtà mistica e mitica. Fu proprio in quest’ottica mito politica che nacque il concetto, e forse la necessità, del Terzo Reich. La parola Reich è di origine celtica ed è carica di significato religioso e sacro. Essa evoca potenza, sogni di grandezza. È una parola che si trova nella Bibbia (Regno), ricorda i sogni di una città di Dio diventata realtà grazie a Carlo Magno e Federico Barbarossa. Il termine Reich evoca le cattedrali lungo il Reno, le Gilde di Norimberga, i cavalieri teutonici, Lutero al Reichstag, a Worms. Ha una sorta di potere magico. Cohn ha legato le sue fonti ad una tradizione apocalittica molto antica, una specie di ossessione nella visione del mondo contemporaneo. Per i nazionalsocialisti chiunque cercava di opporsi ai loro progetti di dominazione era infettato dallo Spirito giudeo, era un agente della cospirazione mondiale degli ebrei, compresi Churchill, Stalin e Roosevelt o qualunque sacerdote cattolico o pastore protestante.
Ciascuno degli adepti del partito era investito della missione di condurre la Storia al compimento prestabilito e queste pretese influenzarono i gruppi che facevano a loro capo. Anche i discepoli, quindi, avrebbero riscattato la loro condizione e avrebbero preso parte alla missione di riscattare la Germania e il mondo. Sembra che questo sogno abbia incantato migliaia di persone. Premesse millenarie si stavano concretizzando. Hitler fu considerato dai suoi seguaci un Messia che avrebbe rinnovato ogni cosa e che avrebbe stabilito per mille anni (com’ebbe egli stesso a dire) un impero in cui il sangue ariano, che era la sostanza stessa della divinità incarnatasi nella solo razza germanica (come sosteneva Rosemberg), avrebbe imposto alle razze inferiori e considerate sub-umane, una servitù fondata sulla natura stessa dei signori predestinati a stabilire il loro dominio sul mondo. La visione nazionalsocialista era ossessionata dal ruolo di salvatore, una sorta di incarnazione divina per liberare la comunità ariana dal “mostruoso” pericolo dell’Ebraismo mondiale. Leggiamo infatti nel Mein Kampf: “Se l’Ebreo, con l’aiuto della sua dottrina marxista conquista i popoli della terra, il suo trionfo sarà la danza macabra dell’umanità, e questo pianeta sarà nuovamente privo di tutti gli esseri umani, per tutto il tempo che navigherà nell’etere, come avvenne milioni di anni fa… Perciò sono convinto che agisco oggi secondo la volontà del Creatore onnipossente. Opponendomi all’Ebreo, conduco la battaglia di Dio”.
Per dare a questo delirio una senso di razionalità, bisognava diffondere documenti sensati. Così, vennero diffusi in milioni di esemplari i documenti intitolati “I Protocolli dei Savi di Sion” che parlavano del piano universale di conquista ebraica. Messi per iscritto a Basilea nel 1897, questi piani erano stati redatti da un gruppo di iniziati ebrei che, agendo segretamente, sarebbero stati tanto pazzi da mettere tutto nero su bianco. In realtà, si tratta di un falso storico, fabbricato alla Biblioteca Nazionale di Parigi su ordine del capo della sezione esteri della polizia segreta zarista, Okhrana, generale Rachkovsky. Il libro, incorporato in altri testi in buona fede, venne adottato da alcuni ufficiali russi ortodossi fanatici, appartenenti alla Confraternita di San Michele Arcangelo, come prova satanica della congiura del Dragone dell’Apocalisse e dei suoi complici Ebrei contro la cristianità. Questi russi trovarono rifugio in Germania dopo i fatti del 1917, e fecero conoscere ai nazionalsocialisti “I Protocolli dei Savi di Sion”. La propaganda tedesca, appunto, li distribuì in tutto il mondo creando un mito di ebrei che volevano controllare tutto il mondo, compresa la Chiesa cattolica, identificando gli Ebrei alla Framassoneria, in modo da rendere odiosi alla popolazione gli uni e l’altra. Alla base della politica nazista, quindi, ci sarebbero questi presupposti che costituiscono un errore politico militare senza precedenti, causa di un immane dispendio di forze tedesche e dell’eliminazione di milioni di persone innocenti, oltre alla volontà di sopprimere definitivamente ideali liberali e universali, così contrari al razzismo e all’arianesimo. La dottrina hitleriana si impose ai suoi adepti come un mezzo per non fermarsi, come una forma di “via dei samurai” che portasse a scrollarsi di dosso la rigida moralità giudeo-cristiana. Arrivarono ad affermare, negli insegnamenti ai giovani, che “Se vedi Cristo sulla tua strada ed egli ti ferma, uccidi Cristo”, modo per cercare di fare del capo un modello senza alcuna censura della coscienza morale, per agire d’impulso, d’istinto, senza freni, come vedremo in molte occasioni ai danni di altri esseri umani. Secondo alcuni autori, il nazismo non ha annegato la coscienza individuale in una super-coscienza nazionale di ispirazione divina trascendentale, ma in una infra-coscienza delle pulsioni, con un’obbedienza cieca a ordini umani contingenti, senza mai poter giustificare un simile sacrificio. Illudendosi di realizzare il superuomo, nella distorsione puramente nazista, la politica hitleriana ha costituito la più implacabile politica di condizionamento mito politico della storia occidentale. (continua con l'ultima parte con post in data 5 giugno 2020)
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