Nel retaggio della nostra Storia Militare il prigioniero di guerra non è stato mai visto con positività. Abbiamo sempre considerato i prigionieri di guerra come soldati che non hanno fatto in fondo il proprio dovere. E’ il retaggio del concetto dannunziano che considerava i prigionieri come dei “Peccatori contro la Patria”. Considerato che i primi prigionieri di guerra del Regio Esercito, dopo le battaglie risorgimentali e la presa di Roma 1870, sono i prigionieri della Battaglia di Adua in mano al re Etiope Menelik, appare evidente che questo retaggio ha motivi sufficienti per essere tale. Nella realtà il prigioniero di guerra, anche in ossequio ai dettami del Codice comportamentale e del Codice Militare di Guerra e del Regolamento di disciplina, ha il dovere, una volta caduto prigioniero, di continuare a combattere e a rispettare quanto le predette normative stabiliscono. Ovvero, seppur da combattente disarmato, egli deve continuare a combattere, con altri mezzi e modi. Questo gli chiede la sua Patria. Non per altro al rientro dalla prigionia esiste un preciso momento in cui il comportamento del combattente viene valutato e giudicato. Come ogni combattente quindi, anche il prigioniero esprime nel suo comportamento momenti di Valor Militare, che sono diversi e diversamente premiati dal combattente in armi, ma che sono sempre momenti in cui il Valor Militare si esplica. Il progetto vuole evidenziare questo in una narrazione di fatti e comportamenti, ovvero descrivere una storia della prigionia militare italiana, fino alla seconda guerra mondiale, considerato che, allo stato della attuale storiografia, essa non è stata mai affrontata in modo organico, portando un contributo di chiarezza per evitare che si cada nell’errore di equivocare fra Prigionia di Guerra ed Internamento, alla luce dell’esperienza degli Internati Militari Italiani della seconda guerra mondiale. Il progetto vuole anche marcare le inequivocabili differenze fra queste due situazioni giuridiche e militari.
"Non più reticolati nel mondo" Lo studio dell' Internamento come strumento per contrastare la violenza e la violenza bellica, in ogni tipo di società del secolo breve e del secolo in corso.. Come base di studio per affrontare il problema delle migrazioni e dello spostamento di massa delle popolazioni. E' spazio di ricerca su questi temi del CESVAM - Istituto Nastro Azzurro ( Massimo Coltrinari) info:centrostudicescam@istitutonastroazzurro.org
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