Prigionia ed Internamento: La loro evoluzione fino alla
Rivoluzione Francese del 1789
Nella storia
dell’Uomo lo scontro armato fra tribù, popoli e Stati ha portato a vincitori e
vinti. Per secoli le sorti delle viti, se fatti prigionieri, era la schiavitù.
I Greci si
sentivano un popolo superiore e la guerra contro “i barbari”, ovvero i popoli
non greci, visti come nemici naturali dei Greci, era vista e sentita come
giusta ed ogni violenza era naturalmente permessa ed accettata. La sorte dei
prigionieri, dopo ogni battaglia, era segnata. Nelle guerre fra Greci questo
principio di violenza si attenua. I Greci (tutti gli Elleni sono fratelli)
consideravano inviolabili i templi, davano sepoltura ai morti in combattimento,
anche se la guerra era in corso potevano frequentare i giochi olimpici,
potevano offrire agli dei ed in alcune circostanze potevano avere salva la
vita; in linea generale, però, la sorte dei prigionieri era quella di cadere in
schiavitù od essere soppressi.
Presso i Romani,
il nemico in guerra continuava a rappresentare un essere senza diritti, come
per i Greci, contro il quale tutto era permesso sia nel campo di battaglia che
dopo. Però i Romani nelle loro guerre di conquista miravano a regnare sui
popoli vinti e non ad annientarli; questo portò, di caso in caso, ad una minore
violenza bellica soprattutto verso i vecchi, le donne ed i bambini. Anche
presso i Romani il prigioniero di guerra non aveva diritti e come tale poteva
essere ucciso, ridotto in schiavitù e su di lui si poteva esercitare ogni tipo
di violenza.
Nel Medio Evo i
concetti in auge presso i Greci ed i Romani si arricchiscono di due nuovi
elementi: la Chiesa Cristiana e l’affermarsi in Europa degli usi e delle
consuetudini del mondo germanico. Questi due elementi, però. Se per altri
aspetti della guerra attenua la violenza, quella sui prigionieri rimane
pressoché uguale. Durante le Crociate si instaurò la prassi di curare i feriti
e gli ammalati sempre però appartenenti alle proprie Armate con la nascita
degli Ordini Militari Ospedalieri. Quindi si fa strada il concetto che
l’ammalato ed il ferito deve essere soccorso. I Germani nei loro usi e leggi,
consideravano il duello come la disputa in cui Dio sosteneva la causa giusta, e
quindi era sempre dalla parte del vincitore. Quindi il perdente non aveva il
benvolere di Dio e quindi il Vincitore ne poteva disporre come meglio credeva.
Anche in questa ottica, quindi il prigioniero non aveva diritti
Nell’Evo moderno
il modo di fare la guerra rimase sostanzialmente quello dei secoli precedenti e
furono sui prigionieri di guerra, come per il passato, compiute indicibili
efferatezze. Nella metà del 1660, grazie al fondatore del Diritto
Internazionale, Grozio, si fa strada il concetto, sentito da molti, che occorre
regolamentare il modo di fare la guerra e introdurre usi e consuetudini che
attenuino la violenza della guerra stessa. Con gli eserciti permanenti del 1700
il concetto che il soldato è un bene porta a far sì che i prigionieri di guerra
hanno un qualche interesse in più per il Vincitore ovvero riavere i propri
prigionieri tramite lo scambio. Si può notare alcune forme di attenuazione
della violenza sui prigionieri di guerra, che però non garantiscono alcun
diritto al prigioniero stesso. Si estende la pratica e l’uso delle convenzioni
di resa, in cui vengono utilizzate delle norme a favore dei prigionieri di
guerra che, sebbene soggette all’arbitrio del vincitore portano al
riconoscimento occasionale di alcuni diritti al prigioniero di guerra.[1]
[1]Per questa parte generale vds Marcheggiano A., Diritto Umanitario e
sua introduzione nella Regolamentazione dell’Esercito Italiano – Leggi ed Usi
di Guerra, Roma, Ministero della Difesa, Stato Maggiore dell’Esercito,
Ufficio Storico, 1990, Vol. Primo, pag. 12- 79. Inoltre, a titolo di
documentazione, Grotius (Van Groot Huig), de Jure predae, Amsterdam
1609, e dello stesso autore de jure belli ac pacis, Paris, 1625, in
copia anastatica, Accademia di Diritto Internazionale presso le Nazioni Unite,
Amsterdam, s.e., 1983. De Vettel
E., Le droit des gens au Principes de la loi naturelle appliqués à la
conduite et aux affaires des nations et des souverains, Paris, 1758 ;
Verri P., Diritto per la pace e diritto nella guerra, Roma, 1980
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