"Non più reticolati nel mondo" Lo studio dell' Internamento come strumento per contrastare la violenza e la violenza bellica, in ogni tipo di società del secolo breve e del secolo in corso.. Come base di studio per affrontare il problema delle migrazioni e dello spostamento di massa delle popolazioni. E' spazio di ricerca su questi temi del CESVAM - Istituto Nastro Azzurro ( Massimo Coltrinari) info:centrostudicescam@istitutonastroazzurro.org
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lunedì 22 giugno 2015
lunedì 15 giugno 2015
Un doveroso riconoscimento
MEDAGLIA D'ONORE A DUE EX INTERNATI MILITARI DI APRILIA
Il riconoscimento del Governo Italiano per il NO dei nostri
soldati alla collaborazione con i nazisti
di Elisa Bonacini
Si è svolta presso la Sala Cambellotti della Prefettura a Latina lo scorso 31 ottobre, nella vicinanza alla Festa Nazionale del
4 novembre, la cerimonia che ha visto la consegna da parte del Prefetto D'Acunto delle medaglie
d'onore a 9 cittadini della provincia di Latina deportati ed internati nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto per l’economia di guerra della Germania.
Nel
corso della cerimonia sono state consegnate anche 13
onorificenze dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, di cui tre ai cittadini di
Aprilia : Cavaliere Goffredo Cento, Cavaliere Elio
Merler , Commendatore Edmond Galasso.
La medaglia d’onore è un'onorificenza che viene concessa dal Governo
Italiano a partire dal 2007 a tutti i cittadini italiani – civili e militari- e ove deceduti ai loro familiari che, dopo l’ armistizio dell'8 settembre 1943, furono catturati e detenuti dai tedeschi nei lager nazisti, non accettando mai l’adesione alla R.S.I. o alle formazioni delle SS.
Le
medaglie
d'onore
sono
state
conferite
ai
cittadini
di
Aprilia
Aldo Boccabella e Gino Forconi. tra gli ultimi Internati Militari Italiani (I.M.I.) ancora
viventi. Considerati dai tedeschi “traditori”, furono obbligati a svolgere lavori particolarmente pericolosi,
esposti al rischio dei frequenti bombardamenti alleati, con turni
massacranti che
spesso superavano le 12 ore al giorno, nonostante la
scarsissima alimentazione consistente in 3-4 piccole patate lesse , una
brodaglia di rape e carote (chiamata sbobba) e non più di 300
grammi al giorno di pane nero. Molti di loro, a causa delle gravi carenze nutrizionali ed
igieniche, contrassero gravi malattie, prima tra tutte la tubercolosi . Circa 50.000 militari internati non sopravvissero.
Gli I.M.I. rifiutarono sempre la collaborazione con i nazisti; solo una
piccolissima percentuale di essi, spinta dagli stenti, optò a favore dei tedeschi. Gli I.M.I. quindi a costo della
propria vita, mantennero fede al
giuramento fatto alla Patria, allora Regno d'Italia. La loro fu
quindi una delle prime forme di “resistenza” al nazismo. Che sarebbe stato dell'Italia se i Militari Italiani avessero aderito in blocco alla neo Repubblica Sociale o alle SS ?
Aldo Boccabella, nato a Roma nel 1923, risiede da qualche anno ad Aprilia con l'amatissima moglie Liliana, artista eclettica, ex soprano di canto lirico. Pur essendo orfano di padre e con fratelli ancora piccoli, venne chiamato alle armi nell'aprile 1943. Catturato 1'8 settembre 1943 a Patrasso in Grecia, venne trasportato tramite tradotta ferroviaria fino a Belgrado e poi via Danubio sino in Austria nel Stamlager 17b di Krems. Successivamente venne trasferito in un campo di concentramento nelle vicinanze di Linz. “Volli imparare il tedesco per far valere la mia dignità, per dire loro che non ero una bestia e che la guerra non l'avevo voluta io.-
racconta con orgoglio il signor Boccabella- I tedeschi poi mi obbligarono a svolgere il compito di interprete nel campo, incarico che mi permise di aiutare i miei compagni, quale portavoce delle loro necessità ”.
Gino
Forconi, nato nel 1924 ad Offagna
(Ancona), venne
catturato dai tedeschi quando si trovava ad Ancona ancora nella fase di addestramento militare per la Regia
Aeronautica. La compagnia di Forconi in blocco non accettò di aderire al regime nazista. Forconi
venne così caricato con i suoi
compagni su carri bestiame, ed internato a Lichterfelde, stammlager III D, a circa 40 km da Berlino. In
Germania fu obbligato a lavorare nell'industria, precisamente presso la Siemens. Anche sul posto di lavoro “gli schiavi di Hitler” erano sottoposti
al
rigido
controllo
di
sentinelle
armate. Forconi rimase nel campo di
Lichterfelde fino alla fine di aprile del 1945, quando il campo
venne liberato per l'intervento militare dei russi. Per il suo trascorso
militare nella Regia Aeronautica, da qualche mese Gino Forconi è stato nominato
Presidente Onorario dell'Associazione Arma Aeronautica, sezione di Aprilia.
L'Associazione
“un ricordo per la pace”, nel 2011 ha raccolto le
video- testimonianze di Boccabella e Forconi ed ha prodotto un dvd
per esclusivo uso didattico e culturale dal titolo “La storia degli Internati
Militari Italiani” che su richiesta è disponibile gratuitamente per la
visione nelle scuole di Aprilia. Tale video è stato proiettato nel Palazzo
del Governo a Latina il 27 gennaio scorso durante la cerimonia della consegna
delle medaglie d' onore, cui
parteciparono anche il Sindaco di Aprilia il compianto Domenico D'Alessio, ed
Ennio Borgia di Aprilia, che fece un toccante intervento in cui raccontò la
sua prigionia a Dachau all'età di soli 16 anni.
In quell'occasione vennero assegnate le prime medaglie d'onore a
cittadini di Aprilia: Alfio Fiorini ed Ernesto Bonacini. Entrambi
erano militari : vennero catturati dai tedeschi in Grecia ed internati
in campi di concentramento in Germania. Le medaglie erano state ritirate dagli
eredi : il fratello Armando Fiorini e la figlia Elisa Bonacini (autrice di
questo articolo).
Nel corso della cerimonia
recente del 31 ottobre alla Prefettura di Latina anche la signora Antonietta
Luciani, residente a Casalazzara (Aprilia) ha ritirato la medaglia in
qualità di erede per il padre Amedeo Luciani, nato nel 1922 a Roma
(dove ebbe residenza) e deceduto nel 1991. Luciani venne catturato nel
settembre 1943 in Albania ed internato a Dachau fino alla
liberazione del campo, avvenuta il 29 aprile 1945 grazie all'intervento degli americani.
Luciani al rientro in Italia scrisse le sue memorie, che sono
conservate gelosamente dalla figlia. Così descrive l'arrivo al campo di
concentramento : “...Il 19 novembre 1944 scesi dal camion ci portarono a
Dachau. Da quel momento cessammo di essere persone umane: eravamo solo dei
numeri...”.
Per
potere ricevere la medaglia d'onore, anche in qualità di erede, è sufficiente
compilare e spedire ( tramite raccomandata all'indirizzo indicato nel sito) una
modulistica scaricabile dal sito internet del Governo Italiano,
allegando le documentazioni di cui si è in possesso (foglio matricolare del
soldato, lettere dal lager, etc), che testimonino l'internamento nei campi di
concentramento nazisti dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943.
Gino Forconi un IMI ancora vivente
GINO
FORCONI: LA
STORIA DI
UN INTERNATO
MILITARE ITALIANO
di Elisa Bonacini
Il signor
Gino Forconi, nato nel 1924
ad Offagna (Ancona),
è uno dei pochi
IMI, cioè “Internati
Militari Italiani” ancora
viventi, residente
in Via dei Villini
ad Aprilia.
Il giovane Gino nelle
fertili terre delle Marche lavorava come
mezzadro, cioè contadino sotto padrone. Era giovanissimo,
appena diciottenne, quando
nell'estate del 1943,
pochi mesi prima dell'Armistizio,
partì a malincuore
dal suo paese per esser incorporato nella Regia Aeronautica.
Aveva la
convinzione, come molti
ragazzi della sua
epoca, dell'inevitabilità dell'evento,
dell'impossibilità di ribellarsi
a quel destino che
altri avevano impostato
per lui. Partì con i suggerimenti
del padre ben impressi
nella mente :nche il
papà aveva
dovuto sopportare la crudeltà
della grande guerra 1915-1918.
Dopo l'armistizio
dell'8 settembre 1943 si trovava
ad Ancona nella fase di
addestramento militare, in attesa di
essere inviato al fronte, in Sardegna. I tedeschi
che avevano già provveduto
al disarmo della sua
compagnia, lo tennero alcuni giorni chiuso nella
caserma Villarey ; diedero poi a tutti i militari la
possibilità di scegliere
se collaborare con i
nazisti oppure essere
deportati nei campi
di concentramento in
Germania. La compagnia
di Forconi in blocco non
accettò di aderire
al regime nazista, fedele al giuramento fatto al Regno d'Italia,
ed eroicamente partì per l'ignoto. Chi al
giorno d'oggi avrebbe ancora questo coraggio?
Vennero così
caricati su carri
bestiame, e dopo
un viaggio durato 5
giorni e 5 notti
quasi senza cibo ed
in condizioni igieniche
miserabili, arrivarono
a Lichterfelde, stammlager
III D, a circa 30 km da Berlino,
in Germania.
Lì vennero
subito inquadrati in squadre
di lavoro. Erano generalmente
lavori duri, massacranti,con
turni di lavoro che
superavano a volte
le 12 ore al
giorno. Manodopera a costo
quasi pari a 0,
di cui
la Germania aveva
bisogno in quel
periodo
di crisi economica,
legata al grave dispendio
di risorse utilizzate
per affrontare la guerra.
Spesso i prigionieri venivano utilizzati
nei rifacimenti di
strade, ferrovie e
campi volo, resi inagibili
dai frequenti bombardamenti
e spesso morivano sotto
le bombe .Il giovane
Forconi fortunatamente
venne inviato a svolgere
lavoro nell'industria, precisamente
presso la Siemens (prodotti
elettrici). Anche sul
posto di lavoro i
prigionieri erano sottoposti
al rigido controllo
di sentinelle armate.
Intanto i
mesi passavano, e la
Germania doveva sopportare
sempre più bombardamenti
da parte sia dei
Russi che degli Americani.
Nei pressi di Berlino,
in un edificio adibito a
“disinfezione”, Gino ed alcuni compagni erano intenti nella igiene
personale ed ancora nudi, quando vennero
sorpresi da un forte bombardamento
aereo che distrusse tutto il caseggiato. In
tre, compreso Gino, riuscirono
a fuggire dalle macerie,
mentre molti prigionieri
ai piani interrati
morirono affogati per
la rottura dei tubi
dell'acqua.
In seguito rischiò
ancora la vita: si
trovò infatti miracolosamente
illeso dopo che una
scheggia di bomba
gli aveva sfiorato il
capo. Ne aveva avvertito
il grande calore, ma
fortunatamente non ne
era rimasto ferito.
Ricorda ancora
con commozione
quando in uno
dei rari pacchi che gli arrivarono
nel lager dai suoi familiari, in mezzo
alle sigarette tanto desiderate
ed a qualche genere
alimentare di conforto,
trovò una noce,
al cui interno c'era
un foglio contenente
le notizie di quanto avveniva
in quei giorni in
Italia. Un metodo
ingegnoso elaborato
dai genitori di Gino:
la posta infatti era
sottoposta ad un
rigido controllo e censura
da parte dei tedeschi.
La liberazione
del campo avvenne a
fine aprile 1945 attraverso
l'intervento militare dei
russi.
Non sapendo come
rientrare in Italia, date le condizioni inagibili delle ferrovie, venne
portato dai russi
come lavoratore civile in
Polonia, dove rimase
per circa sei mesi.
Ritornò quindi
nelle sue amate Marche
nell'autunno 1945. Si
emoziona ancora al
ricordo dell'abbraccio
con il padre, che
non avendo più notizie
da diverso tempo, aveva
temuto il peggio.
Di quelle
brutte esperienze Gino che oggi ha 87
anni, parla con tranquillità:
esse gli hanno insegnato
a dare il giusto
peso alle piccole controversie
cui nella vita si
va incontro.
Il signor
Forconi ad Aprilia
arrivò nel 1956. Per
più di 20 anni
ha svolto il lavoro
di operatore ecologico
nelle vie del centro
con grande impegno, tale da ottenere un riconoscimento
dal compianto Sindaco
di Aprilia Luigi Meddi.
Gino è
una persona umile e
riservata che ha
celato per tanti anni
sotto un sorriso bonario
il passato
di sofferenze e fatiche
subite nel campo di concentramento.
Abbiamo il
dovere di ricordare
con rispetto il sacrificio
della generazione di Gino Forconi, che
dal tragico periodo di
guerra trasse
le capacità di riportare
il benessere e la
democrazia nella nostra
Repubblica Italiana.
L'intervista
a Gino è compresa
nel dvd, : “La storia dimenticata degli
Internati Militari Italiani” realizzato dal
gruppo di ricerca storica
“ Un ricordo per la
pace” in un progetto
che ha come obiettivo
la produzione di una
serie di dvd contenenti
le testimonianze dei
protagonisti ancora viventi
della nostra storia contemporanea.
domenica 7 giugno 2015
DIARIO DI GUERRA E PRIGIONIA DI ERNESTO BONACINI
(Testo ricevuto da Elisa Bonacini)
Tra le
testimonianze degli Internati Militari Italiani emerge
inedita quella contenuta
nel diario di guerra e
prigionia di Ernesto Bonacini. Nato a Reggio Emilia nel 1923,
si trasferì con la
famiglia ad Aprilia (LT)
nel 1967, nella fase
del suo sviluppo industriale,
dove è deceduto nel 1999.
Partito
nel marzo 1943 da
Forlì per la Grecia
non ancora ventenne,
dopo l'armistizio dell'8
settembre 1943, rifiutando
di optare per la
collaborazione con i
nazisti venne catturato dai
tedeschi presso Atene
ed internato nello Stalag
IV B di Zeithain
in Germania.
Ernesto
aveva contratto in Grecia
la malaria, a causa
di un accampamento
strategico del suo
battaglione descritto nel diario in un
terreno paludoso , infestato
dalla temibile zanzara anofele.
Non erano state sufficienti le zanzariere avvolte strette
lungo tutto il corpo
a proteggere i militari,
consiglio dato loro
dai superiori. Le zanzare
attaccarono pesantemente e nei
giorni seguenti in moltissimi subentrarono i
sintomi inequivocabili
della malattia. Venne quindi
ricoverato in un
ospedale militare ad
Agrinion, dove la
malaria regredì dalla fase
acuta. Ancora convalescente,
apprese in quel contesto
la notizia dell'armistizio
arrivata via radio alle
ore 20 dell'8 settembre
attraverso il messaggio del
maresciallo Badoglio.
Nel
diario di Ernesto sono
descritti “in diretta” anche
quei momenti determinanti
per la sorte dell'Italia
.
”Che
avverrà di noi, che non siamo che una massa amorfa?”: ecco l'angosciante interrogativo
che subito si pose Ernesto dopo la
notizia dell'armistizio.
Infatti,
nonostante l'incosciente primo momento di felicità per quella che si riteneva
la fine del conflitto, si apriva una delle fasi più dolorose della storia
della nostra Italia.
Ernesto
continuò la scrittura del diario nel lager fino alla fine della guerra. Riuscì a nasconderlo, sottraendolo con
abilità alle numerose ispezioni del suo zaino che avvenivano soprattutto nei
trasferimenti di campo e nelle frequenti ispezioni delle baracche.
Il
diario é ora un
insieme di fogli
ingialliti, rilegati dallo
stesso Ernesto in quei
momenti alla bene
meglio con un cordino,
ma ancora leggibili
abbastanza chiaramente.
Lo conservò gelosamente
nel proprio comodino a fianco del letto,
avvolto in fogli
di un vecchio giornale, non
permettendo
a nessuno di
leggere quali sofferenze avesse provato
nella sua esperienza
di guerra e prigionia.
Solo
dopo la sua morte
la figlia, con grande emozione, ne ha
potuto leggere il contenuto.
Sono
pagine toccanti, che rivelano
quelli che furono i
sentimenti dei giovani
del suo tempo ,che
partirono per il
fronte intrisi di quei
valori di Patria che
con l'evolvere della guerra
si trasformarono amaramente nella consapevolezza
di essere stati solamente
pedine innocenti in folli strategie
di guerra.
Il
diario di Ernesto è
stato recentemente trascritto
integralmente dalla figlia
Elisa, che sta valutando
la
possibilità di una
sua prossima pubblicazione.
La
figlia Elisa spiega: “È
banale descrivere quale emozione
ho provato nel leggere
quei fogli di carta
sbiadita. Giorno per
giorno ho vissuto con lui
quei momenti. Non immaginavo quanto
dolore e sofferenza
fisica e psicologica
avesse dovuto subire a Zeithain:
il dolore per la
morte dei compagni,
la malattia, il lager,
la fame, gli stenti,
la fatica per il
duro lavoro, la paura
di morire ed anche
i tradimenti di coloro in cui aveva
riposto la sua fiducia.
È
quest'ultimo forse il
dolore più grande, quello
che vede, a causa
degli stenti, la degenerazione
morale dell'essere
umano, il fratello contro
il fratello.
Sempre
più emerge dal diario
questa amarezza, che si
intreccia dolorosamente
con l'infrangersi di
quei valori, di quegli
ideali che a suo
tempo gli erano stati
trasmessi”.
(seguono alcune
pagine del diario, relative all'8 settembre ed ai primi giorni successivi)
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