(Testo ricevuto da Elisa Bonacini)
Tra le
testimonianze degli Internati Militari Italiani emerge
inedita quella contenuta
nel diario di guerra e
prigionia di Ernesto Bonacini. Nato a Reggio Emilia nel 1923,
si trasferì con la
famiglia ad Aprilia (LT)
nel 1967, nella fase
del suo sviluppo industriale,
dove è deceduto nel 1999.
Partito
nel marzo 1943 da
Forlì per la Grecia
non ancora ventenne,
dopo l'armistizio dell'8
settembre 1943, rifiutando
di optare per la
collaborazione con i
nazisti venne catturato dai
tedeschi presso Atene
ed internato nello Stalag
IV B di Zeithain
in Germania.
Ernesto
aveva contratto in Grecia
la malaria, a causa
di un accampamento
strategico del suo
battaglione descritto nel diario in un
terreno paludoso , infestato
dalla temibile zanzara anofele.
Non erano state sufficienti le zanzariere avvolte strette
lungo tutto il corpo
a proteggere i militari,
consiglio dato loro
dai superiori. Le zanzare
attaccarono pesantemente e nei
giorni seguenti in moltissimi subentrarono i
sintomi inequivocabili
della malattia. Venne quindi
ricoverato in un
ospedale militare ad
Agrinion, dove la
malaria regredì dalla fase
acuta. Ancora convalescente,
apprese in quel contesto
la notizia dell'armistizio
arrivata via radio alle
ore 20 dell'8 settembre
attraverso il messaggio del
maresciallo Badoglio.
Nel
diario di Ernesto sono
descritti “in diretta” anche
quei momenti determinanti
per la sorte dell'Italia
.
”Che
avverrà di noi, che non siamo che una massa amorfa?”: ecco l'angosciante interrogativo
che subito si pose Ernesto dopo la
notizia dell'armistizio.
Infatti,
nonostante l'incosciente primo momento di felicità per quella che si riteneva
la fine del conflitto, si apriva una delle fasi più dolorose della storia
della nostra Italia.
Ernesto
continuò la scrittura del diario nel lager fino alla fine della guerra. Riuscì a nasconderlo, sottraendolo con
abilità alle numerose ispezioni del suo zaino che avvenivano soprattutto nei
trasferimenti di campo e nelle frequenti ispezioni delle baracche.
Il
diario é ora un
insieme di fogli
ingialliti, rilegati dallo
stesso Ernesto in quei
momenti alla bene
meglio con un cordino,
ma ancora leggibili
abbastanza chiaramente.
Lo conservò gelosamente
nel proprio comodino a fianco del letto,
avvolto in fogli
di un vecchio giornale, non
permettendo
a nessuno di
leggere quali sofferenze avesse provato
nella sua esperienza
di guerra e prigionia.
Solo
dopo la sua morte
la figlia, con grande emozione, ne ha
potuto leggere il contenuto.
Sono
pagine toccanti, che rivelano
quelli che furono i
sentimenti dei giovani
del suo tempo ,che
partirono per il
fronte intrisi di quei
valori di Patria che
con l'evolvere della guerra
si trasformarono amaramente nella consapevolezza
di essere stati solamente
pedine innocenti in folli strategie
di guerra.
Il
diario di Ernesto è
stato recentemente trascritto
integralmente dalla figlia
Elisa, che sta valutando
la
possibilità di una
sua prossima pubblicazione.
La
figlia Elisa spiega: “È
banale descrivere quale emozione
ho provato nel leggere
quei fogli di carta
sbiadita. Giorno per
giorno ho vissuto con lui
quei momenti. Non immaginavo quanto
dolore e sofferenza
fisica e psicologica
avesse dovuto subire a Zeithain:
il dolore per la
morte dei compagni,
la malattia, il lager,
la fame, gli stenti,
la fatica per il
duro lavoro, la paura
di morire ed anche
i tradimenti di coloro in cui aveva
riposto la sua fiducia.
È
quest'ultimo forse il
dolore più grande, quello
che vede, a causa
degli stenti, la degenerazione
morale dell'essere
umano, il fratello contro
il fratello.
Sempre
più emerge dal diario
questa amarezza, che si
intreccia dolorosamente
con l'infrangersi di
quei valori, di quegli
ideali che a suo
tempo gli erano stati
trasmessi”.
(seguono alcune
pagine del diario, relative all'8 settembre ed ai primi giorni successivi)
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