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giovedì 7 novembre 2019

Un ordine criminale


                                                                                  LA CRISI ARMISTIZIALE DEL 1943



Il piano Asche ebbe contrasti e nel corso delle operazioni si manifestò anche una certa resistenza all’azione tedesca da parte di Comandanti italiani più risoluti. In virtù di questa reazione il Comandi supremo della Wehrmacht alla sera del 9 settembre 1943 decise di emanare disposizioni  che assunsero i contorni della criminalità e della violazione di ogni diritto ed uso di guerra. Il messaggio, inviato al Comandante Superiore Ovest, al Comandante Superiore Sud, al Gruppo di Armate B, ed al Comandante Superiore Sud-Est prescriveva

“ In quelle località dove truppe italiane o altri armati oppongono ancora resistenza, si deve porre loro un ultimatum a breve scadenza, chiarendo che i comandanti italiani responsabili della resistenza stessa saranno fucilati come franchi tiratori se, entro il termine stabilito, non avranno ordinato alle proprie truppe di consegnare le armi alle unità tedesche”[1]

Come era da prevedere questo ordine fu eseguito ed ebbe conseguenze veramente cruente, in special modo nel Balcani, nelle isole greche, ovvero Cefalonia e nella zona sotto comando del maresciallo Kesserling. L’attuazione di questo ordine fu più mitigata nella zona del gruppo Armate B, ovvero nel nord Italia


[1] Schreiber, G., I militari italiani internati nei campi di concentramento del Terzo Reich 1943-1945, Roma. Ministero della Difesa, Stato Maggiore dell’Esercito Ufficio Storico, 1993. Pag. 139. Secono Schreiber questo ordine è un ordine “criminale”

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