I capi di accusa:
1. E' stato un fascista determinato e come tale è stato mandato dall'Italia in servizio in Albania in favore dell'organizzazione fascista.
2. Mentre era direttore di banca in Albania e in occasione dell'avvicinamento della liberazione dell'Albania e dell'allontanamento dei tedeschi l'imputato con l'intento di non consegnare i contanti nelle mani dell'esercito della Liberazione Nazionale Albanese li ha consegnati all'Esercito Nazista.
3. Con la liberazione dell'Albania il sopracitato ha fatto diverse riunioni in collaborazione con i suoi amici Arturo Orlandi eccetera per spedire i soldati Italiani, i quali si trovavano nelle file dell'esercito della Liberazione Nazionale, nell' Italia occupata dai Nazisti.
IL Tribunale Dichiara
Colpevole l'imputato Giuseppe Terrusi e gli infligge 10 anni di carcere e la perdita dei diritti civili e politici per il tempo della detenzione.
La richiesta di condono della pena scritta a mano da mio padre Giuseppe:
Valona 18 Febbraio 1946
Al tribunale del Popolo Valona 18 Febbraio 1946
In merito alla requisitoria del Signor Procuratore, desidero confermare quanto segue:
Sono giunto in Albania nel 1926 esclusivamente per lavorare (e non quale incaricato del popolo fascista)per impiantare le varie sedi della Banca Nazionale d’Albania, di Tirana, Korce, Saranda ed Argirocastro. Sono giunto quale semplice impiegato e la mia posizione di Direttore l’ho raggiunta dopo venti anni di lavoro tecnico.
La mia iscrizione al fascio è dovuta unicamente alla necessità di ottenere il passaporto.
In Albania non ho mai svolto attività politica, non ho mai coperto cariche presso il fascio, direttorio, ecc. Sono giunto povero e sono rimasto povero.
Durante l’occupazione tedesca, quale antifascista, sono stato, insieme ai Sigg: D’Andrea e Belluzzi invitato per il 22 luglio 1944 ad abbandonare Valona perché, secondo le parole del Maggiore Sciler “pericolose per la Sicurezza dell’esercito tedesco”. Tale provvedimento non fu adottato per l’intervento della Divisione Centrale della Banca di Tirana, che minacciò la chiusura della Filiale non potendo sostituire i due Funzionari.
Prima della partenza dei tedeschi ho salvato circa 700.000 franchi, mettendo in rischio la mia vita.
La dichiarazione del Sig. Shefit Muharem è dovuta a motivi esclusivamente di rancore verso la mia persona, in quanto questo Signore, che in Banca era Kavas, era stato da me licenziato dopo due o tre mesi dal mio arrivo a Valona (gennaio 1940) perché in continuo stato di ubriachezza e dopo che tutte le mie raccomandazioni erano rimaste senza alcun esito. Gli impiegati di quel tempo possono testimoniare la mia asserzione.
Confidando quindi nella giustizia del Popolo, al quale non ho mai fatto nulla di male chiedo la mia assoluzione.
Terrusi Giuseppe
Come si poteva pensare ad una connivenza o accordo di Giuseppe con i Tedeschi?
Quando nelle sue lettere personali alla sorella in Italia si legge:
Valona 22 Ottobre 1944
Siamo stati Liberati da circa 10 giorni ed i Briganti Tedeschi sono andati via vergognosamente.
Valona 9 Novembre 1944
Dopo circa 13 mesi di Terrore Tedesco (per poco non mi hanno internato) e dopo aver passato continue preoccupazioni, siamo stati liberati dalle truppe partigiane che abbiamo accolto con vero entusiasmo e con gioia. Adesso viviamo in piena pace e tranquillità.
Valona 27 Novembre 1944
I Vigliacchi Tedeschi ne hanno combinate di tutti i colori e tutte le atrocità possibili: abbiamo passato giorni di incubo e di terrore ed anch’io sono stato sul punto di essere confinato, ciò che ho scongiurato a mezzo di persone amiche a Tirana. Ora tutto è passato e non ci sembra vero di essere vivi e sani.
Anni dopo il processo, in un suo discorso al popolo Enver Hoxha praticamente scagiona i direttori della “Banca d’Italia e d’Albania” da responsabilità dirette:
“Dopo la capitolazione dell’Italia fascista nel settembre 1943, l’esercito nazista prelevò l’oro albanese depositato presso la Banca d’Italia a Roma. I rappresentanti del Ministero degli Esteri di Germania e quelli del Governo albanese avevano riconosciuto, per mezzo di un protocollo firmato nella primavera del 1944, la proprietà dello Stato albanese su questa quantità di oro. Come se ciò non bastasse, nell’ottobre 1944 il comandante delle truppe hitleriane a Tirana prelevò l’oro che era rimasto presso la banca nazionale d’Albania, dichiarando che l’avrebbe depositato presso la sede di Shkodra di questa stessa banca…”
Voglio introdurre un altro argomento:
Gli italiani civili emigrati in Albania erano lavoratori, vivevano in armonia con gli albanesi e non erano assolutamente a conoscenza delle trame delle alte gerarchie militari che programmavano una occupazione strisciante e successivamente una invasione possibilmente “morbida” dell’Albania.
Dal diario privato di Galeazzo Ciano
16 Ottobre 1938
Niente di notevole tranne un breve colloquio col Duce durante il quale gli consegno il rapporto del senatore Natale Prampolini (presidente dell’Ente per le Bonifiche Albanesi) sulle bonifiche in Albania e gli propongo di dare inizio al più presto alla bonifica di Durazzo che è la più economica, la più vistosa e quella più utile ai fini militari. E serve per placare le non ingiustificate inquietudini del Re.
19 Ottobre 1938
Serregi (Ministro degli affari Esteri albanese) , in partenza per l’Albania, riceve l’assicurazione della nostra cordiale collaborazione e la promessa di far qualche cosa in materia di bonifica. In realtà ho proposto al Duce, che ancora presso di sé il progetto Prampolini (presidente dell’Ente per le Bonifiche Albanesi), di dar subito mano ai lavori nella piana di Durazzo. Sono 3000 ettari recuperabili con meno di 20 milioni di lire. Ciò servirà a placare le inquietudini albanesi. Preparerà in parte il nostro lavoro futuro. E servirà anche a fini militari poiché ogni sbarco in forze dovrà poggiarsi su Durazzo e immediate vicinanze. Anche dal punto di vista psicologico, è utile che coloro che scendono in Albania, soldati e civili, abbiano la sensazione di trovarsi in una terra sana e feconda e non in un acquitrino desolato. Un’impressione migliore avrebbe forse cambiato la nostra storia del 1920 e ci saremmo impegnati più a fondo.
16 Febbraio 1939
L’Albania è inquieta. Un telegramma dell’Add. Militare a Tirana ha un po’ preoccupato il Duce: dice che il Re aveva ordinato la mobilitazione parziale e che Francesco Jacomoni (Governatore dell’Albania) era partito in volo per Roma. La situazione no è così drammatica: conferisco con Jacomoni che a dire il vero si mostra molto calmo. Ieri ha conferito col Re (Zog), il quale dopo aver ascoltato le nostre lagnanze, ha detto di avere qualche cosa a sua volta da dire. A Belgrado si sarebbe parlato di spartizione albanese, ma ha citato dei particolari che provano egli essere soltanto parzialmente e imprecisamente informato. Poi ha fatto cenno alla preparazione di un movimento interno, poggiato soprattutto sui fuoriusciti: particolare anche questo sostanzialmente falso. Ha citato molti nomi di persone compromesse: tranne quello di Koci, nemmeno esatti. Ha concluso riaffermando la volontà di intendersi con noi ed ha mandato Jacomoni quale suo plenipotenziario per l’accordo. Quando riferisco per telefono al Duce, risponde: “Se avessimo già firmato il patto con Berlino potremmo attaccare subito. Adesso dobbiamo procrastinare”. Quindi conferma le istruzioni che io avevo già inviate tre giorni fa ad Jacomoni e che si riassumono così: mantenere viva l’agitazione popolare ma non mancare di placare i dubbi di Zog dandogli tutte le assicurazioni che desidera. Intorbidare le acque in modo da impedire che le nostre vere intenzioni siano conosciute.
15 Marzo 1939
Le truppe germaniche iniziano l’occupazione della Boemia. La cosa è grave, tanto più che Hitler aveva assicurato che non avrebbe voluto annettersi un solo ceco. Quale peso si potrà dare in futuro alle dichiarazione di Hitler? E’ inutile nascondersi che tutto ciò preoccupa ed umilia il popolo italiano. Bisogna dargli una soddisfazione, un compenso: l’Albania. Ne parlo al Duce cui dico anche la mia convinzione che oggi non troveremmo ne ostacoli locali ne serie complicazioni internazionali per intralciare la nostra marcia. Mi autorizza a telegrafare a Jacomoni di preparare movimenti locali e personalmente ordina alla Marina di tener pronta la seconda a Taranto. Telefono a Jacomoni che prospetta anche di mettere l’ultimatum al Re: o egli accetta lo sbarco delle truppe italiane e chiede il protettorato oppure le truppe sbarcano contro di lui. Conferisco nuovamente col Duce. Mi sembra un po’ meno deciso per l’operazione albanese. Tanto più che all’Ammiraglio Domenico Cavagnari, ricevuto prima di me, il Duce si è limitato a fare domande generiche circa la possibilità di eseguire uno sbarco, ma non ha dato istruzioni di sorta.
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